Giornaliste per passione e talento dentro una cultura non del tutto matura
Non poteva mancare nell’agenda degli eventi un incontro/riflessione sulla professione giornalistica vista con una lente d’ingrandimento tutta femminile. Le maggiori testate della carta stampata e radio-televisive annoverano pochissime firme di donne: qual è la vera motivazione di una così netta minoranza? Di per sé, chiarisce la vicedirettrice di Studio Aperto Annalisa Spiezie, il campo del giornalismo è uno dei più selettivi e difficoltosi cui si possa aspirare, doppia fatica se a tentare la strada è una professionista donna. Questo almeno è vero per la sua generazione, pare che oggi la tendenza si sia drasticamente invertita e le redazioni pullulino di stagiste donne (con una proporzione di tre a uno). Persino il più maschilista dei direttori dovrà rassegnarsi ad un numero paritario, se non superiore, di collaboratrici in gonnella. Con soddisfazione, la Spiezie sottolinea la quasi totalità di redattrici laureate, a dispetto di uomini che, pur rivestendo incarichi di più alto spessore e potere, non detengono il titolo accademico. Anche in Francia le cose non vanno tanto meglio: una delle relatrici, giovanissima giornalista di origine russa, è la prima donna ad avere ricevuto, appena ventinovenne, la nomina di direttrice di un’agenzia di stampa francese. Pur cogliendo la strategia pubblicitaria di una tale promozione, apprese con stupore dell’impennata improvvisa della sua carriera. Alexandra Föderl-Schmid, direttore dell’austriaco Der Standard, espressione seria e risoluta, denuncia la mediocrità di certe curiosità quasi infantili e fuori luogo di colleghi poco professionali, che intervistando la neo-direttrice hanno chiesto senza tante mezze parole se fosse andata a letto col suo capo. Sono alcuni degli esempi di certo maschilismo che ancora sopravvive nella cultura europea, che ancora non vede di buon occhio, o non è pronto a vederlo, un direttore, un editore, un capo “femmina”. Eppure le lotte per la parità dei diritti sono belle che passate, lo stereotipo della donna brava madre di famiglia dovrebbe essersi sgretolato, ma non del tutto, evidentemente. O forse, dal punto di vista degli uomini che attualmente si spartiscono il maggior numero di ruoli di potere nel giornalismo, nella politica, nelle imprese, non conviene accettarne il disfacimento. Imperversa il nuovo modello “se hai successo sul lavoro sei andata a letto con qualcuno”, “come se” commenta Maria Laura Rodotà del Corriere della Sera, “non esistessero professioniste con ottime idee e con grande talento da meritarsi onestamente la promozione che ottengono”. Fa impressione il fatto che tuttora si giudichino le competenze e la bravura in base ad un criterio di ordine sessuale. In realtà i “crudeli direttori” della Rodotà e della Spiezie, ad esempio, hanno parlato alle giornaliste, non alle donne, senza riservare un trattamento particolare in quanto sesso debole. E fa eco la Föderl-Schmid quando racconta di essere stata inviata in tutti i punti caldi del Medio Oriente. Il problema è del bigottismo di alcuni, ma non si tratta esclusivamente di una questione etica. Gli uomini, e non i giovani ma i “baroni” di una certa età, detengono certe cariche che anche nel mondo dell’editoria equivalgono a fette di potere, cui non vogliono rinunciare. La prospettiva storica però andrà a loro svantaggio, l’informazione in rete e i nuovi media diventeranno presto appannaggio di nuove categorie e generazioni, cui non appartengono più certe maschere sugli occhi. Non bisogna poi dimenticare che è di per sé fuorviante una considerazione quantitativa sul numero, esiguo, di donne giornaliste, o dovremmo pensare che sia giusto dividere a priori la copertura di un giornale in base al genere sessuale. Perché non fare le “quote d’età”, allora, sottolinea la direttrice russa. Spesso è una scelta libera quella che per varie giornaliste ha comportato la rinuncia a promozioni e avanzamenti di carriera, forse perché molte amano semplicemente una professione e non aspirano al successo o ad un riconoscimento eclatante del loro talento.
Valeria Mastroianni (testo e foto)