Abbasso lo stereotipo cinese
Il titolo del famoso film di Marco Bellocchio del 1967 è ormai entrato a far parte del vocabolario quotidiano: ci separano più di 10.000 km, eppure la Cina è vicina.
Il motivo trainante è principalmente l’economia: la nostra arretra, la loro aumenta con media del 7% annuo. E siccome i mercati occidentali sempre più spesso decidono di investire nella conquista di un piccolo angolo di Estremo Oriente, quello che possono fare i giornalisti economici è svelare come la Cina, a differenza dello stereotipo più diffuso (quello delle “cinesate tarocchissime”), sappia oggi produrre qualità.
Lo spiega Luca Vinciguerra, corrispondente in Cina de Il Sole 24ore.
La Cina è vicina: qual è la percezione dell’Italia in Cina?
«La percezione è quella di un paese simpatico rispetto a molti altri paesi stranieri, primo tra i quali gli Stati Uniti, o come altri paesi europei che spesso i cinesi vivono come antagonisti. L’Italia non è vissuta come antagonista, in parte perché i cinesi sentono la comunanza di un’antica civiltà millenaria, in parte perché solitamente noi tendiamo a non dare lezioni ai cinesi, come invece fanno gli americani. Soprattutto apprezzano da noi la produzione classica del made in Italy, la moda, l’enogastronomia e, una volta, il calcio».
Quali sono gli stereotipi che dovremmo sfatare riguardo la realtà cinese?
«Innanzitutto, che in Cina si producano solo cose di bassa qualità: non è vero, si produce anche tanta qualità e per produrla bisogna investire pesantemente».
Si sente spesso dire che della Cina sappiamo poco o nulla. Qual è l’aspetto che conosciamo meno?
«Direi che è un buco di conoscenza totale. La Cina è un paese complesso e il problema è che spesso non c’è nemmeno una conoscenza superficiale ed è per questo che si cade negli stereotipi. Forse è colpa dei media che spesso trasmettono una visione stereotipata della Cina, dimenticando di mettere in risalto la complessità di una nazione vasta quasi quanto l’intera Europa».
Alessandra Pradelli
@qualcosascrivo