Intervista a Maurizio Landini: il sindacato, i giovani e la democrazia
“Il primo problema che vedo è quello di tentare di estendere dei diritti che oggi le persone non hanno”.
E’ in questa mancanza che Maurizio Landini individua uno degli elementi cruciali da affrontare per tentare di trovare un punto di svolta da cui ripartire. Il segretario generale della Fiom ha partecipato, a una serata di riflessione, condotta da Concita De Gregorio, sulla situazione italiana. In particolare si è affrontato il problema dei giovani che con il loro paese hanno un rapporto sempre più difficile. Un paese nel quale non trovano una collocazione e dove mancano interlocutori istituzionali con cui dialogare.
“In questa fase, la possibilità di creare lavoro passa anche attraverso azioni di cui il sindacato può farsi promotore. Passa attraverso la solidarietà e atti che coinvolgano i giovani. Mi riferisco alla redistribuzione di orari di lavoro e del lavoro stesso, all’accesso ad un reddito di cittadinanza. Il sindacato deve dare il senso di occuparsi concretamente di loro, offrendogli un terreno di mobilitazione sul quale muoversi congiuntamente. Sono dell’idea che bisogna aprire luoghi dove si possa discutere insieme e mettere nelle condizioni, i giovani, di vedere nel sindacato uno strumento per migliorare la loro condizione.
Il sindacato ha bisogno di rinnovarsi, aprirsi, essere meno burocratico e offrire la possibilità di cambiare e, in questa fase, per cambiare le cose bisogna mobilitarsi. Nessuno ti regala niente. L’altro passaggio, poi, è quello di trovare insieme forme e modi perché si possano determinare iniziative di questa natura.”
Il sindacato ha la capacità di farsi promotore di un cambiamento che sappia coinvolgere le persone e soprattutto i giovani?
Se non lo fa, è finito. Se non coglie questa occasione, ci sarà una declino anche della sua funzione perché intanto le imprese non rimangono a guardare e stanno tentando di usare questa situazione di difficoltà per ridisegnare il sistema contrattuale di relazione sindacale, puntando molto più su rapporti individuali, aziendali a discapito di una visione collettiva. Per questo penso che il sindacato debba tornare ad essere il soggetto che riunifica le persone perché si possano tutelare. Il rischio, se no, è quello di una fine del sindacato perché non c’è scritto da nessuna parte che debba esistere sempre così com’è.
Non voglio essere pessimista, ci stiamo battendo per provare a cambiarlo, però a me pare che si sia difronte a un passaggio cruciale da saper cogliere.
Da cosa far partire il cambiamento?
Io penso innanzitutto che bisogna estendere la democrazia e siccome tutti dicono che abbiamo una bella costituzione, basterebbe applicarla. Già tramutare i principi in atti che trasformino la nostra società sarebbe rivoluzionario nel nostro paese.
Penso che il punto sia proprio la democrazia. Penso che ci si debba battere in questa direzione: mettere in condizione le persone di poter contare e poter decidere. Bisogna tentare una riforma del sistema politico e costituzionale.
Serve il cambiamento del quadro politico e servono delle leggi. Piuttosto che un governo di larghe intese che duri molti anni, auspicherei un governo che faccia delle cose che rispondano all’emergenza in atto. Un governo che metta anche nelle condizioni, con un nuovo sistema elettorale, di andare a rivotare a breve dando l’opportunità che si formino anche schieramenti in grado di essere alternativi.
Come sindacato, penso che dovremmo batterci per fare accordi per estendere i diritti. Poi sono le singole persone che devono agire. Le cose senza le persone non le cambi e questa è la scommessa: osare, provare a cambiare. Se ce la fai lo sai solo alla fine.
Cosa dice ai giovani che stanno pensando di emigrare, alla ricerca di un futuro lavorativo migliore?
Io capisco quelli che se ne vanno ma penso che se vuoi un cambiamento deve partire da te. Non ti regala niente nessuno e se vuoi cambiare la situazione devi anche partire da quello che puoi fare tu. Non ci sono i leader o i fenomeni che risolvono le cose. Ci sono le persone che assieme possono cambiare la loro condizione. C’è un atto di responsabilità individuale che deve essere affrontato.
Micol Barba