La necessità di un’informazione partecipata
Social [In]Ability? Già dal titolo, palesemente provocatorio, è possibile immaginare che l’intento del dibattito fosse quello di innescare uno scambio di vedute sul tema dell’informazione online. Le condivisioni sui social network sono un elemento essenziale nell’attuale ecosistema dell’informazione, si tratta perciò di un parametro significativo dell’interesse nei confronti della testata e degli articoli. Dunque, quali sono le strategie dei giornali online? Lella Mazzoli, docente dell’Università di Urbino, ha esposto i risultati di una ricerca sul comportamento degli italiani sul modo in cui s’informano. La TV resta al primo posto tra i media utilizzati per l’informazione, ma i giovani la utilizzano molto meno degli adulti: ormai internet è il mezzo emergente nella diffusione della notizia. Nel giro di pochissimo tempo infatti, internet è passato dal terzultimo posto nella classifica dell’informazione nel 2011, al secondo posto soltanto l’anno successivo. Da una tale situazione, cosa potevamo aspettarci se non la perdita di forza dei quotidiani locali? Sicuramente uno dei fattori che avvantaggiano la diffusione di notizie tramite social network è la tipologia “amicale” della notizia: quando siamo su un social network, le notizie le cerchiamo e condividiamo dai nostri amici; questo non fa altro che sottolineare la necessità di partecipazione all’informazione, possibile solo attraverso un’interazione tra i nostri conoscenti. La Mazzoli conclude il suo intervento rimarcando la necessità di un’informazione partecipata. Segue un video esplicativo sulle notizie più social del 2012, risultate da un’analisi svolta su testate, articoli, like di facebook e tweet. La parola passa a Giacomo Fusina, fondatore di Human Highway, che riporta i dati della condivisione sociale online delle notizie di attualità nel mese di marzo 2013: si tratta della rappresentazione di ciò che accade quando c’è una determinata notizia. Altri dati vengono poi forniti da Maurizio Tesconi, ricercatore del CNR Pisa: secondo lui i social sono una grande opportunità di avere “big data” dai quali estrarre informazioni per lo studio dei legami virtuali. L’attività presentata è quella di monitorare le attività e stilare classifiche su quanti commenti e like producano determinate notizie. Secondo Vincenzo Cosenza, di BlogMeter, l’elemento centrale è la condivisione, diventata fondamentale con il successo dei social network: i giornalisti oggi devono necessariamente fare i conti con le notizie più condivise in rete. Così si è verificata anche la tendenza dei giornali di farsi social network, cercando di catturare ormai la community invece del lettore. Non facciamoci ingannare dai luoghi comuni e dalle apparenze: le notizie più condivise non sono affatto le più frivole, bensì sono quelle di attualità a catturare maggiormente l’attenzione. Una voce fuori dal coro è di Daniele Chieffi, giornalista e scrittore, che riparte dal significato del termine condivisione: inizialmente si trattava di una delle principali attività dei blogger, aveva un significato di “arricchimento dell’intelligenza della rete”, mentre ora si tratta di una reazione di tipo emotivo. Se è vero che le notizie che toccano maggiormente la community non sono solo quelle più leggere, è altrettanto vero che più sale il tono, il calore della notizia, più aumenta la condivisione: questo vuol dire che importantissimo è l’impatto. I social network oggi sono come l’edicola per il giornale, hanno cioè il compito di diffondere. Renato Vichi (head of Media Relations Italy Unicredit), ha poi affermato che oggi l’azienda gioca sulle relazioni: a capo dell’informazione c’è la rete, che ormai viene prima delle agenzie e delle televisioni, che riesce a indirizzare e formare un’opinione. La rete oggi equivale alla piazza, ed il suo vantaggio è l’interattività, che permette anche una maggiore gratificazione. L’azienda interagisce al pari con la rete, non si mette in una posizione di superiorità. La domanda che dovremmo porci è se i media tradizionali riescano ad adattarsi ai nuovi flussi. Il dibattito prosegue sull’attenzione necessaria che secondo Chieffi bisognerebbe dare alla costruzione di una relazione tra le testate ed i social network. La Mazzoli aggiunge che in Italia si investe poco in professionalizzazione, ed in questo modo la rete rischia di scadere; perché non si investe? Sicuramente si tratta di una questione di costi. Oggi le condivisioni sono importanti per portare traffico sui siti dei quotidiani, bisognerebbe perciò trovare una soluzione che non porti al suicidio dell’uno o dell’altro mezzo d’informazione.
M.Noemi Trivellone