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Intervista ad Alicia Giménez-Bartlett

Alicia Giménez Bartlett alla Sala dei Notari

Alicia Giménez Bartlett, scrittrice spagnola famosa per i suoi romanzi polizieschi, il più dei quali costruiti attorno alla figura dell’ispettore Petra Delicado, ha incontrato gli spettatori del Festival Internazionale del Giornalismo mercoledì alle 19.45 nel suggestivo scenario della Sala dei Notari. Dopo la conferenza, e dopo aver autografato le copie dei suoi romanzi ai lettori, ha risposto ad alcune nostre domande. 

Nel primo giorno del festival si è parlato, e di certo si parlerà nei prossimi giorni, di social network, di informazioni, di come le persone sono connesse e come cerchino informazioni in ogni momento. Per uno scrittore di questa generazione, cresciuto con gli smartphone e con internet ovunque, come crede sia possibile trovare la solitudine giusta per scrivere? 

A. G. B.: Per scrivere c’è bisogno di solitudine e di tranquillità. Oggi le persone voglio restare informate, vogliono restare connesse e possono farlo, ma non si devono lasciare ingannare dagli “amici” dei social network, perché seppure qualcuno ha duemila amici su Facebook, quando potrà incontrarli tutti insieme per una birra? Perciò non bisogna lasciarsi ingannare, e bisogna saper staccare, se si vuole scrivere. In silenzio, e in calma, si può scrivere. Altrimenti, con tutte le distrazioni diventa difficile.

Lei ha prima studiato all’ università Letteratura e Filologia moderna, poi ha insegnato per tanti anni. Come è riuscita a trovare il tempo per scrivere e per raggiungere il suo livello di scrittura? 

A. G. B.:Fin dall’inizio non ho mai voluto scrivere racconti o poesie. Volevo entrare nel mondo della letteratura con il romanzo, e quindi avevo bisogno di tanto tempo. Volevo scrivere romanzi. Allora quando avevo le lezioni la mattina studiavo nel primo pomeriggio, o nella pausa pranzo, ma ogni giorno scrivevo dalle quattro alle otto. Tutti i giorni. Ne uscì un romanzo orribile, di circa 800 pagine, credo… comunque mi sono esercitata molto, tutti i giorni. Dalle quattro alle otto, Sempre.

Quali sono state le letture più importanti per la sua formazione? Quali hanno più influito sul suo stile, e sulla scelta delle tematiche che affronta? 

A. G. B.: Tutte. Ogni lettura è stata fondamentale, perché quando mi accorgevo che qualcosa era scritta bene non importava l’autore o il genere, pensavo soltanto a come era scritto. Perciò ogni libro, di quelli buoni che ho letto, è stato importantissimo.

A proposito di letture, qual è secondo lei un libro che bisogna assolutamente leggere?

A. G. B.: Libro… qualsiasi libro! Se devo indicarne qualcuno… di sicuro quelli di Philip Roth. Qualsiasi di Philip Roth, sono tutti magnifici.

Adesso una domanda personale, pratica, sulla sua scrittura. Il suo ultimo romanzo, Gli onori di casa, ha nella versione italiana ha 511 pagine. Le ha scritte a mano?

A. G. B.: Scrivevo a mano quando ho iniziato a scrivere i primi romanzi, da ragazza, poi mi sono aggiornata. Questo romanzo l’ho scritto direttamente al computer. Però c’è una piccola cosa che faccio sempre: dopo che ho finito la prima stesura, ricopio tutto su carta. Così posso rileggere tutto e correggere quello che non va. Solo allora ricopio tutto a computer la versione finale.

Grazie mille per la disponibilità. La lascio al Festival e a Perugia.

A. G. B: Bellissima Perugia, grazie a te, e buon lavoro!

 

Francesco Ripa

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