Lezione sulla letteratura con Alicia Gimènez Bartlett
Alicia Gimènez Bartlett, la celebre scrittrice spagnola, è venuta al Festival del giornalismo non per parlare del suo ultimo pluripremiato libro ma per una brillante lectio magistralis carica di spunti su creatività, arte e letteratura. Il tutto grazie al Comune di Perugia e il Circolo dei Lettori che tramite Luca Beatrice definisce la Bartlett «colei che ha reinventato lo stile del giallo inserendo un grande personaggio femminile come l’ispettrice Petra Delgado.»
Si parte dalla definizione del perché si scrive: «il talento non è frutto di qualche alterazione eccezionale perché tutti nasciamo senza talento. E’ invece un “dono” democratico: non si trasmette per via familiare da genitore a figlio ma ha radici sconosciute nell’animo umano. Non si sa da cosa scaturisce la voglia di scrivere, nel mio caso è una cosa che ho sentito sin da bambina. È una vocazione non razionale nata dalla necessità di comunicare, anche per me che non sono molto espansiva con le persone, tranne gli amici più cari.»
Per la Bartlett ci sono cinque qualità dell’arista: la prima è l’immaginazione, come per i bambini si devono vedere ovunque le possibili “storie”. Poi c’è l’osservazione: tutto è utile per lo scrittore. La terza è la curiosità, quel sano principio di voler sapere, ma non in modo prevaricante come spesso succede in certa scienza. La quarta è la pietà e il rispetto per le proprie opere e quindi per i propri personaggi, anche i più “cattivi”. L’ultima, quella più significativa per me, è l’umorismo: solo così si riesce a prendere le distanze da ciò che è bene e ciò che è male. In questo modo lo scrittore non è più intransigente e orgoglioso e si fa anche “perdonare” dal lettore qualche svista narrativa. L’ironia è l’anima della vita.»
Nello scrittore ci sono diversi desideri che lo spingono a creare, anche stavolta sono cinque: «C’è il desiderio di comunicazione, in modo da far scaturire con gli altri le proprie emozioni interne. C’è il desiderio di spiegarsi al mondo e quello di cambiarlo, quest’ultimo può apparire stupido ma niente è più efficace dell’arte nel riuscire a cambiare la mente umana. Per esempio solo leggendo alcuni romanzi storici ho capito veramente le condizioni di vita delle epoche narrate. L’arte ha la capacità di penetrare nel profondo dell’animo umano. Poi c’è il desiderio di fama, prestigio e denaro. Non è facile ottenerli, alcuni scrittori sono vissuti in miseria ma hanno lo stesso continuato a creare perché in loro era forte la passione. Da ultimo il desiderio di essere ricordati ai posteri, cosa che a me non interessa molto, per la verità. Sarà perché sono una donna e noi donne siamo più concrete, ma a me di passare alla storia non me ne importa niente!»
Ci sono poi diversi tipi di artista: «C’è quello autoreferenziale che predilige l’autobiografia e l’intimità (grande esempio di ciò è Philip Roth), quello invece esperienziale che è testimone del suo tempo, in cui è la centrale la società in cui vive. Questo è quindi più incline al realismo (anche se c’è il caso limite di Joyce). Come nel mio caso, infatti l’esempio sono i romanzi gialli che sono un grande strumento per raccontare i problemi sociali. Infine quello che si basa sulla fantasia, cosa che io non sarei in grado di fare. Si creano così alcuni generi come fantascienza, fantasy e horror.»
Ci sono infine due diversi metodi di scrittura: «quello dello scrittore visuale che si basa sulle immagini, anche della quotidianità e genera tante descrizioni. L’altro metodo è quello dello scrittore auditivo, come per la sottoscritta che partendo da conversazioni di ogni tipo (anche quelle sentite per strada) genera il racconto che sarà basato molto sui dialoghi.»
In conclusione grande apprezzamento del pubblico per la Bartlett che si è messa in gioco parlando una lingua non sua ma, grazie alla sua bravura ed espressività, ha coinvolto tutti regalando davvero un bella lezione di letteratura.
Enrico De Col