Cosa resterà di questi anni Obama?
La speranza di realizzare il grande “sogno americano” con l’elezione di Barack Obama non per tutti sembra essersi avverata. Nel 2008, quello che poi sarebbe diventato il Presidente degli Stati Uniti d’America attuò una vera rivoluzione mediatica e politica durante la sua campagna presidenziale, coinvolgendo generazioni che da sempre si erano disinteressate agli affari pubblici e riscuotendo un successo che crebbe di giorno in giorno, fino a portarlo alla vittoria. Ma, a distanza di qualche anno, in molti non solo non hanno visto realizzato quel sogno che Obama aveva promesso di realizzare, ma il Presidente ha iniziato a perdere anche buona parte dei consensi raccolti prima di essere eletto.
Ma come mai il fenomeno Obama ha subìto una simile battuta d’arresto? Di questo si è parlato giovedì alla Sala dei Notari di Perugia nell’incontro dal titolo “Cosa resterà di questi anni Obama?”. Ospiti: Gianni Riotta, Martino Cervo, Matteo Marchetti, Christian Rocca e Luca Sappino. È l’ex direttore del Sole24Ore a iniziare il dibattito affermando che Obama ha sofferto di un’esagerazione della sua figura come politico che in realtà è figlia della sua straordinaria capacità predicatoria. E in più, non ha mantenuto le promesse di risanamento dell’economia americana e di promulgazione della pace all’estero – prosegue Riotta – come invece aveva ribadito durante la campagna per le presidenziali. Christian Rocca (Sole24Ore) pensa che nemmeno Obama sia capace di definire se stesso e le sue posizioni politiche. Qualcuno lo definisce più a sinistra di Hilary Clinton, qualcuno dice che faccia troppi favori ai conservatori: secondo Rocca, semplicemente riesce a trovare un giusto equilibrio tra le due parti. E a proposito di divisione, Gianni Riotta scrisse dopo un anno di presidenza Obama che “Dove ha fallito è nel creare quel consenso post-ideologico che sognava nei suoi libri. L’america è divisa come sotto Clinton e Bush”.
Anche Cervo (Libero) trova abbastanza inspiegabile il mito di Obama. “Ha proposto se stesso come incarnazione di un nuovo modo di fare politica, come se fosse una rock star degli anni Ottanta” ha dichiarato “[…] coinvolgendo tutti in una specie di sbornia collettiva mentre effettivamente si stava operando una distorsione sul suo personaggio”. Il merito del Presidente degli USA, per Cervo, è quello di riuscire comunque a galleggiare in una situazione difficile, cosa che in Italia non sarebbe possibile che accadesse. Ed è a proposito di Italia che il dibattito prosegue proprio sulla presunta analogia che venne fatta ai tempi dell’exploit di Obama con Walter Veltroni e di quella che Bondi notò tra il presidente americano e Silvio Berlusconi. Paragoni di dubbia efficacia e validità, visto che si tratta non solo di figure politiche ma anche di presidenti di Paesi molto diversi tra loro.
Le promesse non mantenute di Obama sono state diverse, come il ritiro dalla guerra in Iraq e in Afghanistan e la riforma del sistema economico. In molti credono che in lui si sia visto qualcosa che effettivamente non c’era, fino a poter affermare – come fa Cervo – che il suo punto di forza potrebbe paradossalmente essere il fatto di non avere un programma politico definito, nonostante adesso il Presidente stia cercando di occuparsi di quei temi, come quello economico, che finora sono stati lasciati un po’ da parte, a fronte del calo del consenso riscontrato ultimamente.
Da una valutazione numerica degli ospiti, Obama risulta essere giudicabile sulla media del 6, per non aver fallito del tutto come politico ma per aver comunque lasciato in sospeso quello che fu per lui il suo biglietto da visita e, soprattutto, la speranza della nazione più potente del mondo.
Alessia Maria Abrami