Il calcio: metafora del nostro Paese
Molti sono stati i personaggi che mercoledì pomeriggio, al Centro Servizi G. Alessi, sono intervenuti sulla discussione dal titolo “Il calcio, le pagine sportive, il racconto di una generazione”, primo fra tutti il giornalista e scrittore Oliviero Beha. Sono stati trattati vari temi sportivi, in particolare quelli inerenti al mondo del calcio: dal corposo ambiente delle tifoserie, a quanto i problemi generali, che stanno dietro le quinte delle partite e del campionato (come la sicurezza negli stadi e Calciopoli), possano riflettere la stessa società in cui viviamo. . Eppure, proprio come delle vere e proprie tifoserie, anche la stampa, sportiva e non, appunto, pare sempre più allontanare la realtà dalle proprie notizie, in favore di opinioni di comodo che devono emergere a tutti i costi. Questo è il mondo trasformato dal business, questo è il mondo degli affari spietati che stanno dietro a tutti gli eventi, questo è il mondo in cui viviamo, specialmente noi italiani. Così vale per il calcio, “sabotato” dai diritti televisivi, come per la canzone italiana, “sabotata” invece da gente che pensa solo a far consumare canzoni, qualunque esse siano. Basti poi pensare che è già chiaro, almeno ai più svegli, che l’Italia non avrà gli Europei del 2016, eppure è ancora possibile che passi la legge per la costruzione di nuovi stadi, in vista, del tutto utopica, di questo straordinario evento. Così, al momento in cui gli Europei verranno, con sicurezza dichiarata, non concessi all’Italia, si potrà pensare bene di costruire al posto degli stadi tutt’altro. E’ chiaro quindi che questo paese va subendo una forte crisi, notoriamente chiamata d’identità, così come del senso di appartenenza: sembra infatti non esserci più niente che riesca realmente ad unirci, a far sentire i singoli parti integranti di un progetto vero, niente, a parte la curva dello stadio. Questa infatti, come dice lo scrittore Giovanni Francesio, è motivo sincero e, unico rimasto, di aggregazione, unione e condivisione, una sirena d’Ulisse che seduce e fa credere in qualcosa. Altro e ultimo capitolo merita poi il tormentone di “Calciopoli” e “Calciopoli Bis”. A proposito di questo, Beha spiega quanto sia folle credere che tutti i problemi e i trucchi del caso siano emersi “magicamente” solo adesso. E continua dicendo che come lui ne ha parlato nel suo libro “Indagine sul calcio”, uscito addirittura prima dello scandalo “Calciopoli”, chiunque avrebbe potuto dubitare del mondo rosa e fiori che trasmettevano le partite e il campionato, sarebbe bastata infatti più voglia di occuparsi davvero di calcio, senza far finta di niente e senza continuare a tenersi, come dice un noto proverbio, “il prosciutto davanti agli occhi”. Poi al termine dello stesso libro, Beha, dopo essersi domandato come può essere possibile ora alla gente continuare ad interessarsi al calcio, nonostante tutto quello che sa esserci dietro, risponde e conclude che il calcio conviene semplicemente immaginarselo per continuare e riuscire ancora ad amarlo.
Maria Vittoria Polloni