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Giornalismo di guerra e rapporti tra media e forze armate

IJF10: Giornalismo di guerra“La guerra del Vietnam ha rappresentato uno spartiacque nella storia del giornalismo di guerra. La stampa libera rivelò all’opinione pubblica americana le atrocità commesse dai militari e gli scarsi risultati ottenuti sul campo di battaglia. I giornalisti, con la loro posizione super partes, svelarono le bugie delle fonti ufficiali” portando l’opinione pubblica americana a spingere il potere politico ad abbandonare la guerra.

Queste sono parole di Dario Moricone, giornalista RAI con esperienza da inviato di guerra, intervenuto alla conferenza sul giornalismo di guerra al secondo giorno del Festival Internazionale del Giornalismo.

Dopo la guerra del Vietnam sono cambiati i rapporti tra media e forze militari; sono cambiate le regole d’ingaggio per i giornalisti che seguono le forze armate nei territori di guerra; sono cambiati i sentimenti della popolazione locale nei confronti dei giornalisti, sempre più spesso considerati bersagli dalla fazioni in campo.

Da ciò nasce una domanda: la necessità di chiedere ‘asilo’ alle forze armate, consente al giornalista di raccogliere un informazione obbiettiva da consegnare all’opinione pubblica del proprio paese?

Durante la conferenza – moderata da Oliviero Bergamamini – i relatori hanno provato a descrivere la complessità dello scenario in cui militari e giornalisti devono cooperare, ciascuno seguendo “i principi che sono alla base delle loro professioni”, come affermato dal Generale B. Massimo Forgari.

L’importanza di avere contatti sul posto, impone ai giornalisti il difficile onere di circondarsi di contatti utili e affidabili (interpreti e stinger) necessari a raccogliere informazioni attendibili non necessariamente da verificare.

A questa difficoltà si aggiunge il problema sicurezza: i giornalisti giunti in territorio di guerra con o senza l’appoggio delle forze armate espongono la loro incolumità a grandi rischi. “Per questo – ha affermato Bergamini – è sempre più diffusa la figura del giornalista embedded”, soggetta a recenti grandi cambiamenti.

“Negli ultimi anni il rapporto tra media e forze armate è stato codificato, togliendolo dall’ombra di informalità che lo caratterizzava nel passato. Il giornalista – ha dichiarato il generale Fogari – deve rispettare un codice di comportamento per evitare di mettere in pericolo azioni militari o l’incolumità dei civili”.

“E’ nato un rispetto reciproco – ha continuato il generale. Le forze militari hanno capito l’importanza del lavoro dei giornalisti nell’informare l’opinione pubblica” ed i giornalisti confermano le aperture nei loro confronti, ma – come sottolineato da Moricone – “ci sono periodi di restrizioni della propria libertà di movimento che coincidono con le pressioni della politica”.

Gianlunca Ales, giornalista di Sky Tg24 intervenuto a conclusione della conferenza, riconosce le aperture delle forze militari e sottolinea gli ottimi rapporti instaurati, ma fa notare che il giornalista embedded non può far altro che riportare una verità parziale del conflitto, che corrisponde inevitabilmente alla realtà dei militari.

Articolo e foto: Paolo Epifani e Alessandro Di Maio

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