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La fabbrica dei cretini vista dagli intellettuali

“La televisione e’ il modo di avere nel tuo salotto qualcuno che non vorresti mai a casa tua”. Con questa citazione dal grande giornalista americano David Frost si e’ aperto all’Hotel Brufani un incontro incentrato sulla nascita e lo sviluppo della critica televisiva in Italia, dal titolo “La coscienza di Mike: viaggio a zonzo nella storia della critica televisiva italiana e dintorni”.
Sono intervenuti Giorgio Simonelli, docente di giornalismo televisivo e creatore del programma di critica “Tv Talk”, Francesco Specchia, critico televisivo di Libero, e Nanni Delbecchi, critico de Il Fatto Quotidiano ed autore del libro (edito da Mursia) da cui l’incontro ha preso il titolo. Grande assente l’attesissimo Giovanni Minnoli, trattenuto in Rai da un impegno improvviso ed improrogabile.
E’ stato subito portato in luce il grende paradosso che ha caratterizzato la televisione italiana dalla sua nascita: da un lato fortemente biasimata ed etichettata come mezzo di basso livello dagli intellettuali, dall’altro studiata ed analizzata nei particolari dagli stessi intelettuali a causa della sua staordinaria capacita’ di plasmare l’immaginario degli italiani e diventare un vero e proprio totem domestico.
A detta di tutti nessuna altra “arte” ha prodotto una critica cosi’ letterariamente densa e raffinata e Delbecchi snocciola i grandi nomi dell’intellighenzia nazionale che si sono occupati di critica televisiva: Guareschi, Bianciardi, Beniamino Placido, Pasolini, su fino ad Aldo Buzzolana, primo critico vero e proprio reclutato a La Stampa nel 1954 grazie alla geniale intuizione del direttore De Benedetti.
Le tre personalita’ presenti offrono la loro esperienza professionale per dipingere un quadro vivido del mestiere del critico. Grazie alla simpatia ed apertura dei relatori la discussione assume ben presto risvolti di intrattetinimento: ognuno dei presenti racconta aneddoti con un tono informale e leggero, non risparmiandosi turpiloquio ne’ velenose ironie su colleghi illustri. Si ride, ma si riflette anche, ascoltando Specchia e Simonelli che espongono senza riserve le reazioni alle critiche di grandi nomi del giornalismo e dello spettacolo come Gad Lerner e Antonio Ricci oppure dedicano uno sfotto’ allo stimatissimo Aldo Grasso, definito da Simonelli come una “figura perversa” amante dei programmi spazzatura solo in quanto gli danno modo di mostrare la proprio intelligenza trovando qualcosa di interessante da dire anche sulle stupidaggini.
Fra i tre speakers e’ proprio Simonelli quello che risulta piu’ incisivo e riscuote maggior successo. In particolare sono apprezzati dal pubblico i paragoni che propone fra critica televisiva e critica gastronomica, che gli servono a sollevare una questione spinosa per chi svolge il suo stesso mestiere: perche’ ogni volta che un critico esprime disgusto per un programma che ha ottenuto buoni riscontri dall’Auditel lo si attacca dicendo che insulta tutti i milioni di spettatori che hanno contribuito a farne salire lo share? E’ qui che Simonelli introduce la sua azzeccatissima analogia: si potrebbe dire anche che un critico gastronomico insulta gli avventori scrivendo una cattiva recensione di un ristorante. Ma solo i critici televisivi vengono accusati e biasimati, quelli gastronomici sembrano non urtare nessuno. Per Simonelli e’ inaccettabile questa svalutazione della critica, soprtattutto ora che l’offerta del tubo catodico e’ sconfinata ed il compito di un buon critico dovrebbe essere quello di fornire indicazioni valide allo spettatore.
Da qui il discorso si sposta su come sia possibile oggi una critica libera da condizionamenti politici ed imbavagliamenti Auditel e i relatori mi regalano una gradita sorpresa: la lode di Internet.
In una mia recensione della prima giornata avevo osservato come sia fin troppo frequente sentire i grandi nomi del giornalismo criticare Internet, mentre oggi questo nuovo strumento viene lodato per la sua liberta’ (seppur non totale, com puntualizza l’intervento di un inviato di Tv Blog presente tra il pubblico) e potenzialita’ creativa.
La panel discussion viene chiusa lasciando spazio alle domande del pubblico ed ho modo di chiedere a Simonelli e Delbecchi perche’ la televisione, evidentemente ritenuta un mezzo di infima categoria, abbia ricevuto alla sua nascita tanto interesse da parte degli intellettuali.
Delbecchi mi risponde dicendo che “fu snobbata dal mondo culturaleed accademico perche’ ritenuta incapace di dare vita ad un serio dibattito culturale. Il dibattito tuttavia ci fu, non sui programmi ma sul mezzo in se, poiche’ si intuiva che avrebbe modificato l’equilibrio fra i media anche se non si realizzava fino a che punto. Da subito si sono formata due scuole di pensiero, una che vedeva la tv come mezzo dotato di enormi potenzialita’ (basti pensare a Luigi Bazzini junior che predisse “la televisione fara’ tornare la gente a casa”) ed un’altra, rivelatasi poi in torta, che la guardava come un fenomeno effimero”.
Simonelli invece mi illustra le tre categorie di intellettuali particolarmente colpiti dall’avvento della televisione: “i teatranti, perche’ la televisione ha dato loro molto , lavoro, specie se si considera che andavano in onda in prima serata le commedia di Pirandello prima ancora che venissero inserite nei programmi scolastici. In secondo luogo i romanzieri, poiche’ il nuovo genere dello sceneggiato, per quanto oggetto di disprezzo, ha comunque coinvolto grandi nomi della letteratura italiana. Infine se ne sono interessati anche gli accademici, colpiti dalla capacita’ di divulgazione e dalla quantita’ di nozioni trasmesse da show di puro intrattenimento come “Lascia o Raddoppia” di Mike Bongiorno”.

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