Le 10 domande di Repubblica
Solo amore per il giornalismo, è solo questo che ha spinto il quotidiano Repubblica a porre le famose 10 domande al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Nulla è stato deciso a tavolino, quelle dieci domande nascono solo da un metodo di lavoro quello del giornalista Beppe D’Avanzo che si accorge delle contraddizioni, in alcuni casi delle bugie, che Berlusconi dice quando scoppia il caso Nomi Letizia di Casoria.
La storia, lineare, è raccontata dallo stesso direttore di Repubblica, Ezio Mauro, in un teatro Pavone pienissimo. Quelle domande, a cui sono state date delle risposte incomplete, sono state dettate dall’obbligo che ogni giornalista ha e cioè quello di porre domande quando qualcosa sembra non quadrare.
Ripercorriamo i fatti così come raccontati dal direttore: Concita Sonnino scrive 40 righe (poco più di 2000 battute) sulla festa a Casoria della neo diciotenne Noemi Letizia a cui il Presidente del Consiglio prende parte.
Il giorno dopo la (ex) signora Berlusconi sceglie l’Ansa, per sottolineare l’ufficialità delle sue affermazioni, per dire che il marito (ex) è malato e frequenta minorenni e per questo motivo ha chiesto anche il supporto del medico curante. La signora continua dicendo che tutte quelle veline, letterine, vallette che popolano le liste del partito del suo (ex) marito non sono nient’altro che ciarpame senza pudore.
Qui, come fa notare Mauro, la vicenda non ha nulla di gossipparo.
Berlusconi nel maldestro tentativo di assolversi afferma un sacco di bugie: ” ho sempre incontrato Noemi con i genitori”; “conosco il padre di Noemi perchè autista di Craxi e per questo sono andato alla festa”. E mentre lui racconta la sua verità, la ragazza, pressata dalla stampa italiana ed estera, racconta un’altra verità: “ho visto il Presidente da sola”; “sono stata sua ospite in Sardegna” e così via
Il presidente del Consiglio si è infilato in tunnel di bugie e su questo si è concentrato l’interesse di Repubblica. La domanda che si sono posti i tre giornalisti del quotidiano è stata solo una: le bugie del Presidente sono un problema per il Paese o no?
La battaglia permanente delle domande, ripresa da oltre 100 giornali esteri, nasce dalla indisponibilità di Berlusconi a rispondere a questi quesiti.
Ezio Mauro racconta che fu chiamato Gianni Letta per una mediazione. Il braccio destro di Berlusconi ha risposto che si sarebbero dovuti risentire, Mauro gli dà una scadenza, 4 giorni. Scaduti questi e non avendo ottenuto nessuna risposta, i giornalisti di Repubblica decidono di pubblicare.
E qui la prima stranezza tutta italiana. Nessun giornale segue questa battaglia. Ai tempi del Watergate e della pista seguita dai giornalisti del Washington Post, tutti gli altri giornali americani, con i loro diversi metodi di lavoro, hanno seguito questa vicenda non ne hanno affossato gli autori.
Per fare un esempio più recente alla conferenza stampa di presentazione della nuova legge sanitaria in America, il presidente Obama non ha invitato i giornalisti di Fox News ritenendoli un soggetto politico più che un media. Ma cosa hanno fatto le altre testate giornalistiche? Anche loro si sono rifiutate di partecipare alla conferenza.
Tutto questo è potuto accadere a causa dell’anomalia, parola più volte ripetuta da Mauro, del nostro Presidente del Consiglio che non è solo proprietario di tre emittenti televisive private e controlla con il suo potere pubblico le tre televisione targate Rai ma è proprietario anche di due giornali.
Ed infatti cosa succede? Cosa mette in campo il Presidente per arginare la questione delle dieci domande? Cambia il direttore di uno dei quotidiani, Il Giornale.
E le avvisaglie di quello che sarebbe successo da lì a poco si sarebbero dovute già vedere dalla dichiarazione di addio al giornale dell’ex direttore, Mario Giordano che in una lunga lettera ai lettori racconta di essere un giornalista delle mille battaglie ma “si rifiuta di portare avanti la battaglia del rovistare nel letto degli editori e degli altri direttori di giornali”.
La prima testa del killeraggio mediatico messo in campo dal nuovo direttore è quella di Dino Boffo, direttore di Avvenire reo di aver riportato gli umori e le perplessità della base della Chiesa sul comportamento del Presidente.
Il messaggio è chiaro: guardate cosa accade a mettersi contro di lui.
E ancora una volta gli altri giornali non hanno difeso un collega. “C’è un professionista a spasso – dice Ezio Mauro – perchè i suoi colleghi non l’hanno difeso, perchè hanno dedicato 5 righe al killer ma non hanno illuminato la scena sulle ragioni del mandante. Il posto è saltato perchè il giornalismo italiano non ha fatto il suo dovere”.
Sappiamo come è finita la storia, le risposte imbarazzate e incomplete sono state date dal Presidente nel libro di Bruno Vespa. Le stesse dieci domande sono state citate in giudizio, unico caso nella storia. Ma non si è voluto riconoscere il dovere del giornalista a porre delle domande e Berlusconi ha utilizzato uno dei suoi tanti recinti in cui si sente sicuro per raccontare la sua verità
Ezio Mauro è sicuro che in Italia non ci sia un problema di libertà di stampa ma c’è un problema sulla qualità della stampa stessa. Se i giornalisti non pongono domande, se come ha scritto Saviano ogni autore quando accende il computer per scrivere un pezzo su Berlusconi deve chiedersi quale conseguenze subirà per quel pezzo, allora questo è un Paese che ha qualcosa che non va perchè non permette la creazione di un’opinione pubblica che non sia diversa da quella propinata dai giornali amici del Presidente.
Marianna Bonghi