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A colazione con Zoro pt.1 “Lo spirito del Lingotto”

Avrà contribuito anche l’italico gusto per lo scrocco della colazione, ma alle dieci del mattino la sala maggiore dell’Hotel Brufani è già stracolma e, nonostante qualche faccia assonnata, l’attesa è palpabile. Si aspetta la rassega stampa, si aspetta Diego Bianchi, acccompagnato dal bravo Antonio Sofi, conosciuto al grande pubblico per la caustica satira di Zoro.
Sfogliando assieme i quotidiani si passa in rassegna i maggiori fatti della giornata. Dopo una “democratica consultazione” (una coraggiosa voce dalle retrovie…) si decide di partire dalla questione FIAT. Tra spin-off, new co. , scorporo, holding, industrial spa è istantaneamente chiara a tutti la solita linea editoriale di gran parte dei giornali italiani: confondere più che informare.
Tra risate ed amare considerazioni, Zoro prova a scaldare l’uditorio, coinvolgendo qua e là qualche facinoroso che, incurante dell’ora e delle telecamere, decide di esporsi al pubblico ludibrio. Il ghiaccio è rotto con l’affaire Fini; ma c’è da ammettere che a facilitare il compito del duo concorre l’impareggiabile gancio comico delle immagini delle dichiarazioni di La Russa e degli altri “colonnelli” al Congresso per lo scioglimento di quella che fu Alleanza Nazionale. Qualcosa, però, aleggia nell’aria, qualcosa di ineffabile. E’ lo “spirito del Lingotto”! Quando l’attenzione si sposta sul Pd e la nuova fondazione di Veltroni il climax è raggiunto e la risata ormai incontenibile. Zoro chiede a qualcuno dei giornalisti presenti di spiegargli in cosa consista il famigerato “spirito del Lingotto” e le risposte che, con un eufemismo, potremmo definire approssimative ci offrono un argomento in più per affermare che il proggetto Veltroni – qualora ce ne fosse davvero uno- non è “arrivato alla base”.
Ci si informa anche così, ridendo. Eminenti commentatori politici ci ammoniscono quotidianamente dai facili entusiasmi per i comici che provano ad occuparsi di politica. A me viene da pensare che mi accontenterei anche di ridere meno ascoltando i politici.

Pompilio Salerno

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