Tv, la critica è accesa. Ed è questo il bello.
Parlare di tv e non in tv, ecco cosa fa un critico del piccolo schermo. E’ quello che fa Giorgio Simonelli, storico della tv ed esperto del tubo catodico nel programma TVtalk. E ancora, Francesco Specchia di Libero. E Nanni Delbecchi, che scrive sul Fatto Quotidiano.
Tre voci della critica televisiva che ridono e chiacchierano su quanto è successo, anni d’oro, dicono insieme, con Bianciardi, Campanile e Placido a occuparsi del male minore dello spettacolo, e su quanto ancora succede.
Un incontro, quello di stamattina all’Hotel Brufani di Perugia, che non ha sofferto l’assenza di Giovanni Minoli, trattenuto in Rai da questioni burocratiche. Chi si è alzato quando Specchia ha annunciato che Minoli non sarebbe mai arrivato si è perso un dibattito accattivante, al suon di aneddoto.
Un po’ di storia della tv per cominciare, con Delbecchi a presentare il suo nuovo libro “La coscienza di Mike“, sulle vicende che hanno legato il mezzo televisivo alla cultura del nostro Paese e alla vita quotidiana degli ultimi cinquantanni. “Il critico tv degli esordi è un letterato“, dicono Simonelli e Delbecchi, “è curioso del nuovo mezzo e decide di “abbassarsi”, di parlarne, pur sapendo che lui stesso sarà criticato per questo“.
“La passione dei critici tv è pari solo a quella dei giornalisti sportivi” afferma Simonelli. “Non c’è un pari trasporto nella critica teatrale, ad esempio. Questo perché nella tv confluiscono tutta una serie di sentimenti popolari che avvicinano le persone“.
E poi, via agli aneddoti. Specchia ricorda il famoso episodio in cui Antonio Ricci, elemento geniale e disturbatore della critica tv, eleggeva per suo piacere Giorgia Palmas a velina, nonostante la bocciatura dei giornalisti. E ancora, quello del cantante Gigi D’Alessio, pazzo di felicità per la buona recensione del suo programma in Rai da parte della penna di Libero, che chiama (e probabilmente offre due babà per contro-risposta) il giornalista per ringraziarlo.
Il dibattito sull’Auditel è quello più spinoso. Simonelli, questa volta in veste di docente universitario, ammette le mancanze del mezzo: ” Un marchingegno malefico, di cui sono dotate cinquemila famiglie consapevoli che decidono il destino di un programma tv“.
E poi, via con le domande. C’è chi insiste sull’Auditel, chi vuole sapere quanto i blogger esperti di tv hanno cambiato il modo di fare critica, chi vuole sapere quanto i boss della tv di oggi governino le parole dei giornalisti.
“Purtroppo, molto“, conclude Specchia. “Non dimenticherò mai quella volta che ho osato parlare male di Maria de Filippi a Mediaset e sono stato ripreso dal premier in persona. Certe cose possono accadere solo a chi parla male di tv”.
Giovanna Gallo