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Myrta Merlino: La crisi e le ricette per il futuro: l’economia per tutti

Myrta Merlino, una delle più note e preparate giornaliste che si occupano di temi economici, era ospite ieri al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, protagonista di un incontro su finanza etica ed economia tenutosi nella Sala Lippi, all’interno del palazzo sede della Banca Unicredit.
Abbiamo avuto l’occasione per una breve intervista: Myrta è stata estremamente disponibile, umana e cordiale nonostante i tempi molto stretti.

A Secondo Lei, quali saranno gli indirizzi di politica economica dei principali governi in risposta alla crisi economico-finanziaria del 2008-09? Si continuerà ad andare avanti con un neoliberismo sfrenato come quello che ha caratterizzato gli ultimi trent’anni o potrebbe esserci spazio per il ritorno ad alcune politiche neo-keynesiane della crescita? Si potrà arrivare alla creazione di una futura governance globale?
M La lezione della crisi è stata molto profonda e sicuramente ha cambiato le carte in tavola. Ha fatto capire come il pensiero dominante, il mainstream appunto del liberalismo, che era come una religione, ha sbagliato. Bisogna rimettere in discussione e ripensare molti capisaldi. E’ anche vero che i segnali recenti non sono particolarmente positivi in questo senso.C’è la tentazione generale delle grandi lobby economiche, dei grandi agenti che controllano l’economia, di far dimenticare, di far credere che la crisi sia passata e che si può tornare a partecipare al grande banchetto dell’economia. L’ultima (in ordine di tempo) vicenda di Goldman Sachs è emblematica sotto questo punto di vista.

A Come vede l’andamento economico globale sul medio periodo? Ci sono significativi segnali di ripresa?
M. Se non c’è il coraggio di ricostruire l’architettura delle grandi istituzioni economiche internazionali come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, e non si ha il coraggio di riscrivere le regole fino in fondo, rischiamo che questa grande lezione della crisi non porti niente di utile, magari tra dieci anni, potremmo tornare a vedere black out come quello del ’09.

A Potrebbe essere questa l’occasione per un grande cambiamento a livello di struttura economico-produttiva e di concetto stesso di crescita?
M Beh, bisogna vedere quali forze prevarranno. C’è un pezzo di economia, una parte di istituzioni e di regolatori che ci stanno provando. C’è invece un altra parte che invece rema contro, i grandi banchieri e le grandi banche d’affari che proveranno a mantenere il potere e la libertà sfrenata guadagnata nel tempo. Quest’ultima operazione di Obama sulla Goldman Sachs ci fa ben sperare perchè se un governo centrale forte come quello degli Stati Uniti d’Aamerica decidere di mettere i piedi nel piatto e di affrontare questa cosa significa che qualcosa si sta muovendo. Però c’è sempre la tentazione di tornare al regime pre-crisi da parte di alcuni attori economici

A Come uscirà l’Italia e la sua struttura produttiva da questa crisi? Quali le prospettive sul breve-medio periodo?
M Il quadro produttivo esce profondamente mutato, questo occorre dirlo. Le prospettive sono ancora incerte, anche perchè la crisi reale sull’occupazione, sui posti di lavoro, sta arrivando adesso. Prima c’è stata la crisi finanziaria ma per l’economia reale i problemi si sono presentati e si presentano in questi periodi. Detto questo, c’è anche una grande opportunità: l’opportunità di ridisegnare la nostra economia, di rafforzare settori che erano troppo deboli e poco competitivi, riprendere quote di mercato basandosi su nostre specificità, rafforzando la nostra capacità di fare distretto e la nostra tecnologia. L’opportunità esiste, bisognerà vedere se il paese sarà in grado di afferrarla o se invece questo ci porterà in un girone diverso, in quello di paesi che arrancano e non ce la fanno a stare nella grande competizione con i giganti asiatici e le altre economie emergenti.

A Secondo Lei, a livello strutturale, il Paese è pronto per questa grande sfida?
M Mario Draghi lo va ripetendo da mesi: se non si affrontano le grandi riforme strutturali l’idea che il Paese possa uscire dalla crisi senza interventi è un’idea sbagliata. Bisogna sciogliere alcuni nodi fondamentali, parlo del tema della riforma fiscale, la riforma dell’amministrazione, della giustizia e dell’istruzione. Il paese ha una serie di lacci e lacciuli che rallentano indubbiamente lo sviluppo economico e le proprie potenzialità Quindi, se non si utilizza la crisi economica come opportunità per un rinnovamento radicale, questo Paese potrebbe rischiare di perdere posizioni nella graduatoria mondiale.
Alessio Pizziconi

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