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Una bastian contrario contro la camorra

Il Festival del giornalismo di Perugia è anche e soprattutto un festival di persone straordinarie, persone comuni, ma che hanno reso unica la loro vita, e sono qui per raccontare agli aspiranti professionisti del raccontate notizie le loro esperienze.
Una di questa persone fuori dall’ordinario è Rosaria Capacchione, giornalista d’inchiesta del “Mattino” di Napoli, a tutti gli effetti una penna scomoda. “Sono una rompiscatole, una bastian contrario”, così lei stessa di definisce rispondendo a Bianca Berlinguer sua intervistatrice ieri durante l’incontro in programma al Festival a lei dedicato. La Capacchione da un anno vive sotto scorta, durante il processo Spartacus è stata minaccia di morte dallo stesso clan dei casalesi che da tre anni costringe il romanziere Roberto Saviano ad “una vita non vita”, come lui stesso l’ ha definita.
Ascoltare ieri la giornalista partenopea è stato un po’ come rivivere l’intervista che Saviano ha concesso non più tardi di due settimane fa a Fabio Fazio, durante lo speciale della trasmissione Che tempo che fa; sono entrambi vittime dello stesso gioco di potere, sono vittime involontarie del loro lavoro che è quello di raccontare i fatti della loro terra, dice la Capacchione: “Quando mi hanno mandato a Caserta era automatico che parlassi della Camorra e dei Casalesi, è quello che succede davanti ai miei occhi, sono una giornalista di questo parlo”; il lavoro della Capacchione è stato anche raccolto nel libro “L’oro della Camorra” nel quale spiega come il boss siano diventati dei ricchi imprenditori e come gesticano traffici in tutti Italia; “la Camorra è  una organizzazione che funziona e bene, è forse anche per questo motivo che non conviene a nessuno mettersi contro di loro”. Sul tema la Berlinguer chiede quale sia il vantaggio che non può essere concesso a queste organizzazioni criminali, se oltre alla rottura del silenzio si possa fare qualcos’altro. La Capacchione risponde che purtroppo la convivenza con la mafia è diventata un’abitudine, e che se si vuole veramente cambiare il destino di quelle zone, occorre iniziare dalle cose semplici: “ Ad esempio non acquistare quel determinato prodotto del quale si conosce la provenienza. Se gli affari vanno male, a quella persona lì, forse qualcosa cambia”. Le previsioni della giornalista non sono delle più rosee, nonostante l’esposizione mediatica che il fenomeno camorristico ha avuto negli ultimi tempi, ancora poco è stato fatto; “è difficile parlarne di cosa succede a Casal di Principe, – tenta di spiegare la Capacchione-  dovete pensare a Corleone,  non vedi niente se non il disordine della cittadina, non si la ha percezione della violenza se non vedi un cadavere a terra. I fori dei proiettili sui segnali stradali diventano folcloristici”.
Rosaria Capacchione è una donna forte, dice di aver paura ma di essere allo stesso tempo fatalista, sa che l’unica cosa che potrà mai fermarla sarà il tradimento delle sue idee, prima ancora di un colpo di pistola. Se si smette di essere curiosi, se si cede alla deskizzazione del lavoro da giornalista, se non si va più per strada, allora tanto vale smettere. “Quando andrò in pensione la prima cosa che faccio è lascio l’Italia e vado a fare la free lance, il vero giornalismo”.
In bocca al lupo Rosaria.

Chiara Scardazza

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