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L’aquila americana e tricolore italiano

L’aquila dell’America vola sul Festival del Giornalismo di Perugia. Ieri sera in una Sala dei Notari gremita in ogni ordine di posti, Vittorio Zucconi e Michele Serra hanno dato spettacolo parlando dell’America, “Tra Obama e il pollo fritto”, questo il nome del’incontro.
A dir la verità del libro, “L’aquila e il pollo fritto”, scritto dal direttore di Radio Capital si è parlato poco, il dibattito si è incentrato soprattutto fra le differenze che esistono fra i due paesi: da un lato gli States, il paese dove tutto è accaduto, dove tutto accade e dove tutto accadrà, dall’altra l’Italia. È forse proprio questa la differenza maggiore tra i due, il primo è sempre stato identificato come il paese delle possibilità, dove basta guardare fuori dalla finestra  per avere uno spunto buono per un articolo, l’altro il nostro paese è rappresentato dagli spaghetti e dal mandolino.
“E’ difficile spiegare l’Italia agli Americani – dice Zucconi-, come posso spiegare ai miei studenti il lodo Alfano o chi è Mario Chiesa, quando loro sanno che un Presidente può rischiare il posto per una causa civile. Negli Stati Uniti non è mai stato eletto un deputato o senatore che avesse una causa pendente o passata in giudicato”. Fantascienza per l’Italia. Eppure sono sempre di più gli studenti del professor Zucconi, gli piace essere chiamato anche così, che sono innamorati dell’Italia, dicono di essersi innamorati della favola italiana, e dopo le parole seppur non lusinghiere del loro docente, si sono innamorati della realtà.
Il dibattito si è soffermato a lungo sul “ciclone Obama”, sulla sferzata di ottimismo e speranza che il nuovo Presidente di colore ha portato in tutto il paese. La sua forza sono state le persone che in lui si sono immedesimate e lo hanno quindi sostenuto, non aveva maggioranza o partiti a fare il tifo per lui; “la lunga notte della ragione della presidenza Bush è finita”. Continua Zucconi: “dopo l’11/9 gli Stati Uniti hanno smesso di pensare, auspico che anche l’Italia un giorno possa iniziare a ripensare alla direzione che sta prendendo, ma non sono così ottimista”. Nel nostro paese si respira un’aria di qualunquismo e di rassegnazione, la frase “sono tutti uguali” è quella che si ripete più spesso, “col risultato che non vince il migliore, ma il più furbo”- sentenzia amareggiato Zucconi,  invece dovremmo imparare dall’America che non è sempre così. Obama nei giorni dell’insediamento ha detto: “Noi siamo quelli che abbiamo aspettato”, anche con fatica ma alla fine il meglio del paese ha vinto, in Italia invece siamo sempre in perenne attesa, “Sono ancora tutti lì”- dice il giornalista.
Michele Serra fa notare che gli Stati Uniti sono anche un paese pieno di disuguaglianze interne e insite nel mondo di pensare americano, e si chiede se la pressante crisi economica non rischi di accentuare questi fermenti popolari, che la stampa soprattutto europea continentale, già chiamano “lotta di classe”. Zucconi risponde dicendo che la differenza maggiore fra lo stato sociale americano e quello italiano è che in nessuno dei due paesi esiste davvero. “La Costituzione America dice che ognuno può cercare la felicità, non che tutti hanno diritto alla felicità”- continua Zucconi – “il che significa che se anche parti svantaggiato lo stato ti assicura che sarai sottoposto alle stesse regole dei tuoi concorrenti. In Italia invece, uno è povero alla linea di partenza, in più è fregato nel gioco”. È chiaro per entrambi i giornalisti di Repubblica, che se la situazione economica globale non migliora, le disuguaglianze sociali torneranno a galla insieme alla rabbia dei soggetti più colpiti dalla crisi.
Gli Stati Uniti sono il paese dove Vittorio Zucconi ha scelto di vivere, “e dove sapevo che un giorno sarei finito”- dice, sono il paese in cui ha visto un Presidente messo alla gogna perché faceva lavorare la sua segretaria sotto la sua scrivania, ha visto aerei volargli sopra la testa per colpire luoghi dove i suoi figli lavoravano, ha visto una catastrofe finanziaria colpire immensi strati di popolazione, ma come diceva Giorgio Bocca ci sono cose che si scrivono da sole, “e l’America ogni giorno scrive un pezzo per me”.
L’incontro si è concluso con le domande dei partecipanti molte delle quali erano curiosità sull’esperienza da giornalista di Zucconi, ha ricordato di essere stato un “abusivo della professione” all’inizio, e ha sottolineato come un giornalista altri non è che “un tizio che scrive articoli per un giornale e viene pagato per farlo”. La frase con cui sceglie di lasciare i tanti giovani aspiranti giornalisti presenti in sala, è il ricordo del regalo che il padre gli fece il giorno che superò l’esame da professionista: “Mi regalò un cucchiaio d’argento e incise c’erano queste parole: Hai scelto un mestiere in cui ogni giorno mangerai cucchiaiate di merda. Che almeno il cucchiaio sia bello”.

Chiara Scardazza

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