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Il dovere d’informare. Intervista a Peter Gomez

Le sue inchieste difficilmente troveranno spazio sui telegiornali. Eppure i temi sono scottanti: legami tra mafia e politica, alta finanza, corruzione. Peter Gomez, giornalista de L’ Espresso e di Micromega, conosce bene come funziona l’informazione in Italia e per questo continua ostinato, con passione e tenacia, a denunciare i potenti.
L’abbiamo incontrato al termine del dibattito Contro le mafie: giornalisti, imprenditori e magistrati in prima linea, e in un’intervista ci spiega perché un giornalista abbia il dovere d’informare. Ad ogni costo. Con buona pace di chi vuole mettergli il bavaglio.

Cosa significa oggi mafia?

“Quello che significava in passato, la mafia è mafia solo se intrattiene rapporti con la politica e con le istituzioni. Se non li ha è semplicemente gangsterismo. Oggi abbiamo una maggiore conoscenza della mafia militare, ma non sappiamo niente della zona grigia, ossia dei rapporti con le amministrazioni locali e con i parlamentari”

È colpa anche del giornalismo?

“Certo. Questi temi sono ben poco trattati dai giornali. In parte è colpa degli editori, perché quando bisogna parlare di certi argomenti si finisce per parlare anche della classe dirigente e di grosse aziende del nord Italia. E questo può avere ripercussioni sugli stessi editori, che il più delle volte non sono editori puri, ma possiedono anche altri interessi. Come si fa a portare in televisione i rapporti tra mafia e politica, quando tre reti rispondono a Berlusconi e le altre tre sono inserite nel sistema dei partiti? Perché processi come quelli a Dell’Utri o ad Andreotti non sono seguiti come quello di Cogne? Eppure, in quest’ultimo caso, non è sotto processo una persona che ha in mano la cosa pubblica”

Come si fa giornalismo investigativo? Cosa si cerca e con chi si parla?

“Si parla con tutti. È assolutamente necessario cercare le notizie ovunque sia possibile trovarle. L’unico limite è quello imposto dal codice penale. Per cercare notizie dobbiamo essere disposti a tutto, e non dobbiamo per nessun motivo scendere a compromessi ignobili”

Quali sono le prospettive del giornalismo dopo l’approvazione della legge sulle intercettazioni?

“Il giornalismo investigativo si può fare indipendentemente dagli atti giudiziari. Si tratta di un problema di democrazia: ci vogliono impedire, o tentano di impedirci, di pubblicare degli atti non più coperti dal segreto. E lo scopo, si intuisce, non è di certo proteggere la privacy. È una vera vergogna. Noi non facciamo una valutazione in base al segreto, ma rispetto all’interesse pubblico di una notizia. Ad esempio: la legge stabilisce che le intercettazioni illegali vanno distrutte, ma se io vengo in possesso di intercettazioni illegali che attestano un progetto per un colpo di stato, cosa faccio? Forse non lo rendo pubblico? Pagherò lo scotto, andrò in prigione. Non mi interessa delle regole che impongono, perché i giornalisti non hanno nessun diritto. Hanno un dovere, che è il dovere di esercitare un controllo sull’operato delle classi dirigenti. Perché solo grazie a questo controllo la democrazia può crescere. Perché un cittadino che vota e sceglie deve essere informato. Loro, quelli del palazzo, vogliono agire con le mani libere e io, finché mi lasceranno scrivere, lo farò”

Giulia Zaccariello

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