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L’America di Vittorio Zucconi

A mano a mano che questo Festival Internazionale del giornalismo va avanti ci si ritrova sempre più sorpresi e coinvolti in questa aria di festa e di  voglia di fare  di noi giovani. Fino al punto di ritrovarsi, sabato stasera, in una Sala dei Notari più gremita che mai, e vedere ronzarsi intorno
Michele Serra, Vittorio Zucconi, Toni Capuozzo e ancora tanti altri che neanche fai in tempo a riconoscere.
E capita così che si instauri una bella  atmosfera di complicità e si inizia una piacevole conversazione, di quelle che vorresti non finissero mai, sull’America, su Obama, l’Italia e i nostri indissolubili vizi, tra Michele Serra, “presentatore last minute e low cost” in sostituzione dell’assente  Cazzullo, e Vittorio Zucconi, il “più americano” tra i giornalisti italiani a presentare il suo libro “ L’aquila e il pollo fritto” frutto di un amore spassionato per l’America. Come ogni amore, anche quello di Vittorio Zucconi fa star male e fa tornare a sorridere poco dopo: è proprio questo che ama degli States, che tutto può accadere, è già accaduto e accadrà. L’America è pronta a cambiare, ogni momento: quella che fino a ieri era un certezza domani potrebbe divenire assurdità. Tutto accade prima oltreoceano, “io mi siedo davanti alla mia finestra e guardo il mondo. Poi il pezzo si scrive da solo”.
Un Michele Serra sempre più abbattuto chiede se l’Italia ha tutte le credenziali di cui si sono avvalsi gli Usa  per cambiare, per fare il grande balzo in avanti che è stato fatto con l’elezione di Obama. Zucconi lascia rispondere lo stesso Obama con le parole “ noi siamo quelli che abbiamo aspettato”, a ricordare che il nuovo presidente è arrivato fino alla Casa Bianca  suscitando un movimento di persone, idee, valori che affondano le radici nella lotta all’apartheid degli anni  ’70, dando voce ad una volontà di cambiamento che non si è improvvisata in qualche mese. “Dopo la notte della ragione, l’11 settembre, in America si è finalmente tornati a pensare”, si giudicherà poi se la direzione intrapresa sia stata quella giusta, l’importante è aver avuto il coraggio e la forza necessari per cambiare.
La conversazione scivola via tra battute e sketch, come se fosse stata già
preparata, tra un giornalista “diventato americano senza accorgersene” e un Michele Serra sempre più  depresso dalle buone notizie che arrivano da
oltreoceano ma che non hanno, a detta di Zucconi, speranza di attecchire qui da noi, almeno nel breve periodo. L’unica arma che rimane a Serra per far confessare al giornalista espatriato una malinconia che apparentemente sembra non esserci è chiedere se almeno  lui senta la mancanza di qualcosa
appartenente alla nostra cultura, lì in America.  Messo alle strette, dopo aver ammesso che non si può eliminare l’italianità di nessuno,  Vittorio Zucconi confessa tranquillamente di  essere costretto a pagare una
connessione satellitare con la Rai per vedere qualsiasi tipo di partita di
calcio la domenica mattina……

Lucina Paternesi Meloni

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