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Rosaria Capacchione, quando l’informazione è sotto scorta

“Le veline ed i comunicati stampa non mi sono mai piaciuti, non fanno per me”. Ha esordito così Rosaria Capacchione, giornalista de Il Mattino e autrice de “L’oro della camorra”, che svela come il clan dei casalesi si siano arricchiti nel corso degli anni influenzando l’economia dell’intero Paese e non solo. Nel marzo 2008 è stata minacciata di morte insieme a Roberto Saviano e al magistrato Raffaele Cantone nel corso del processo Spartacus. Da allora vive sotto scorta. “Se non fosse stato per Saviano probabilmente non avrei avuto la scorta – ha continuato Capacchione; ma io non ho paura, anche se ne ho avuta in qualche occasione!”. La giornalista ha anche evidenziato come non ci siano risposte adeguate da parte delle istituzioni e come la terra in cui vive sia piuttosto assuefatta a una certa mentalità. “La cosa più grave è l’abitudine, nessuno si interroga su cosa sia giusto o meno, non conviene”. Rosaria Capacchione è testarda, tagliente, ironica. “Io sono convinta che bisognerebbe fare i giornalisti, non i passacarte; non è passando qualche comunicato stampa che si fa giornalismo”. La sala è gremita di spettatori giunti da ogni dove, l’obiettivo sembra riuscito: sprovincializzare un fenomeno che i più ritenevano fosse soltanto locale. Intanto arrivano anche i complimenti di Roberto Saviano all’organizzazione del Festival: “Avere organizzato una gran cosa… bravi davvero!”.

Paolo Esposito

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