Il Mondiale del giornalismo sportivo
Ci sono un italiano, un francese, uno spagnolo, un argentino e un brasiliano. No, non è il classico incipit da barzelletta, bensì la suggestiva situazione che si è creata nel tardo pomeriggio di venerdì nel centro storico di Perugia: merito del Festival Internazionale del Giornalismo, che ha fatto della sala dei Notari l’ideale campo di gioco dei «mondiali» della cronaca sportiva. Si sono infatti confrontati i direttori di quattro prestigiosi quotidiani dedicati interamente all’argomento (il francese L’Equipe, lo spagnolo Marca, l’argentino Olé ed il brasiliano Lance), tutti moderati da Gianni Valenti, vicedirettore della Gazzetta dello Sport che proprio a Perugia ha festeggiato il 113° anniversario della propria nascita.
Dal confronto tra le testate di diversi paesi, se non addirittura mondi, è emerso in particolare un dato: il giornalismo sportivo sembra resistere alla crisi. Merito certamente della capacità di adattarsi alle nuove frontiere dell’informazione, sfruttando appieno le opportunità offerte da Internet: emblematico il caso di Lance, quotidiano sportivo brasiliano che ha visto la luce solamente dodici anni fa. «Una settimana prima di uscire in edicola abbiamo lanciato il sito web – racconta il direttore Walter De Mattos – l’uscita di Lance è stata come la costruzione di un edificio: siamo partiti da zero con 110 giornalisti molto giovani e forse è stata proprio questa la nostra sfida». Nato agli albori di Internet, il quotidiano ha subito brillato per freschezza e novità: «Abbiamo puntato fin dall’inizio su foto e pagine a colori, forniamo un servizio di news da ricevere sul proprio cellulare e abbiamo anche due riviste mensili, una sulla pratica dell’attività sportiva e l’altra sul calcio internazionale. In totale il nostro pubblico, in grandissima parte giovane, tocca quota 110 milioni».
A cosa si deve tutto questo successo? «Alla passione, alla creatività e all’umorismo – è la risposta di Ricardo Roa di Olé – se è vero che la carta stampata è in crisi, è altrettanto vero che il web va forte: è una situazione che non sappiamo come evolverà». Il quadro rimane a forti tinte luminose anche spostandoci nel vecchio continente: «Rispetto ad un anno fa abbiamo incrementato le vendite – dice il direttore di Marca Eduardo Inda – merito anche dei risultati raggiunti dalla Spagna in varie discipline sportive: ma oltre a 2 milioni e 606mila lettori giornalieri vantiamo il miglior sito in lingua spagnola nel mondo e la prima radio sportiva nazionale. Credo che la sfida del domani sia la creazione di grandi redazioni multimediali, in cui sfruttare tutti i canali possibili di informazione». E sempre in tema di avvenire Remy Dessarts de L’Equipe («un modello di obiettività nel panorama europeo» lo ha definito Luigi Ferrajolo, presidente dell’USSI) prova a suggerire la formula per assicurare giornali redditizi: «Bisogna dare ai nostri lettori uno spettacolo quotidiano, integrare e riorganizzare tutti i media e unire la rapidità della notizia all’approfondimento».
Unico “estraneo” al mondo dei giornali era Antoni Cases, che si occupa di veste grafica dei giornali: «Il cronista sportivo è più sveglio ed attento ai dettagli rispetto ad altri colleghi – esordisce il press designer catalano – la base è buona, anche se adesso bisogna fare i conti con la crisi: più che di carta stampata opposta ad Internet parlerei di contrapposizione tra contenuti gratuiti e a pagamento. I siti dovranno poi fornire non solo informazioni, ma anche intrattenimento».
Tutti gli ospiti hanno plaudito al confronto tra le diverse testate, visto come occasione per arricchire il proprio bagaglio culturale e per scoprire come si lavora negli altri paesi. Un confronto dal quale l’Italia esce vincitrice, perché la Gazzetta è in assoluto il quotidiano più letto nel nostro paese, sempre pronto ad accogliere le sfide più stimolanti, ed è l’unica testata sportiva che – è il caso della rubrica «Altri mondi» – scrive di eventi di cronaca, politica, economia. In attesa di confermarci tra un anno in Sudafrica, anche questi mondiali sono nostri.
Simone Pierotti