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Multiculturalità dietro le quinte

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Abbiamo sentito parlare di entusiasmo, professionalità e passione, ma qual è il vero filo conduttore di questa terza edizione del Festival Internazionale del Giornalismo?

Tra block notes e tratto pen, wireless e touchpad, account online ed SD card, la dimensione internazionale di questi giorni perugini non può di certo passare inosservata a chiunque sia stato dalla parte del backstage. Eppure dietro le quinte di questo strepitoso evento ciò che sta davvero facendo la differenza è la naturalezza con cui ci destreggiamo nella grande atmosfera di multiculturalità, che lega tutto e allo stesso tempo frammenta come un caleidoscopio che colora a tinte forti. La “biodiversità” di questo festival si taglia proprio a fette: una sarda che legge la lettera di Napolitano, una napoletana che parla in spagnolo con un fortissimo accento andaluso, un arabo che pensa in inglese anche quando gli si chiede di parlare nella sua lingua ed una scozzese che riesce a guidare per le vie Perugia tutti i volontari italiani, un po’ disorientati dalle salite…

In un turbinio di visi e sguardi, accenti e dialetti, la diversità di volontari, giornalisti e visitatori ha fatto da vero protagonista di queste giornate di full immersion nel giornalismo. Perchè quello vero, quello delle persone, il giornalismo delle storie che arrivano dal basso e che non hanno voce, prendono inevitabilmente la loro forza dallo sguardo del “diverso” che le va a scoprire e raccontare. E anche il nostro lavoro di volontari, all’interno degli ingranaggi di questo grande appuntamento con la libertà, è contrassegnato da una varietà e da un ambiente multicolore che ci fa divertire davvero tanto anche stando tutto il giorno a stretto contatto, tra sale conferenze e ufficio stampa.

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Per non parlare della sera, quando usciamo tutti insieme per le vie di questa città bellissima, come nella serata di ieri in cui siamo stati fino alle due del mattino a giocare al gioco del “telefono senza fili” con proverbi nei vari dialetti. Da qui l’idea di raccontare dal di dentro come stiamo vivendo il festival da un punto di vista più pittoresco: abbiamo pensato di intrufolarci tra i corridoi e nelle sale a documentare le impressioni a caldo dei partecipanti, tra organizzatori, volontari, giovani tra il pubblico, rigorosamente nel proprio dialetto. E allora ecco il “Jim’ bene!” di Jessica e il “Bulo il festival!” di Fabio, entrambi di casa qui a Perugia. Lucina ci risponde in marchigiano Il festival? Pija vè!“, mentre Elena in romano sbotta in un “A rega’, gl’ammolla propio!

Gerardo, da Napoli, è stato più romantico: “Stu festival è proprio ‘na grande cosa, c’ sta ‘nu sacc ‘e bella gent!” e Simone da Viareggio non poteva non deliziarci con il suo “Delafia, che festival!” per non parlare di Ferdinando, calabrese doc, che mi ha confessato “Sugnu veramenti emozionatu!

Ma c’è anche chi, nel tram tram generale dell’organizzazione ha usato la nostra domanda come valvola di sfogo: Maria Teresa, lucana, mi ha detto che “ad accucchià tant’ cap’ ci pierd’ a tuj” mentre Giovanni, abruzzese: “Stem ‘nguaiat’ comm’ n’agnejj a Pasqua!

La bella Sicilia è stata coperta con tre diverse testimonianze, da rappresentanti di tutto rispetto: Alessio ci ha risposto “U festival è ‘na nuvità troppu spacchiusa!” e Alessandro è scoppiato nella sua tipica risata con un “Troppu beddu!
Quella di Piera da Palermo, però, è stata la risposta che mi ha fatto ridere di più: “Non saprei… un palermitano non farebbe mai un commento positivo ad un festival!

Naturalmente non sono mancate le lingue straniere: Geneviève ci ha detto “Que belle expérience, inoubliable!” e Raissa dal Portogallo ha riassunto molto bene lo spirito di questa grande invenzione di Arianna: “O jornalismo ao alcance de todos!

Io in sardo vi dico: “Bette bellu chi este custu festival!


Interviste, articolo e fotografie di Valeria Gentile

  1. and obviously a little of “jeitinho brasileiro” to complete the picture!

  2. …of course! 😉

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