Dove va giornalismo? Il futuro dei giornali di carta
“La carta stampata, fatta bene, è come il whisky dopo cena”. Con queste parole Lorenzo Del Boca, presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, ha espresso l’irrinunciabilità del giornalismo su carta stampata per un lettore. Un momento che ha a che fare con il gusto, con i sensi.
I lettori dovranno rinunciare al piacere di un buon giornale cartaceo nel futuro immediato? Questo il tema dominante dell’incontro denominato “Il futuro dei giornali di carta”, tenutosi ieri all’Hotel Brufani. Ospiti, oltre a Del Boca, Alessandro Brignone (direttore Fieg), Ruben Razzante (Fondazione Ugo Bordoni) e Stephan Russ-Molh, direttore dell’European Jornalism Observatory, i cui interventi sono stati spesso sottolineati dagli scroscianti applausi del pubblico. A moderare Dante Ciliani, presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Umbria.
Il gusto dicevamo, un approccio sensoriale con l’informazione. Pensiamo ad un giornale, ed in mente viene evocato l’odore delle pagine intrise d’inchiostro; pensiamo alla lettura e sentiamo il fruscio delle pagine che veloci scorrono fra le dita. Un momento capace di coinvolgere tutti i sensi, un rapporto fisico tra l’oggetto ed il soggetto.
E’ dunque questo il senso del giornalismo di carta stampata?
Lorenzo Del Boca ne è convinto: se un giornale tradizionale è fatto bene, con qualità, non c’è gara, non ci sono nuovi media che tengano. La possibilità d’approfondimento, di ricerca, di analisi che c’è dietro ad un giornale cartaceo non può essere eguagliata. La velocità dei nuovi mezzi di comunicazione va a discapito della qualità degli stessi, e il livello dell’attenzione dei lettori è inferiore rispetto a quella che si ha nella consultazione dei vecchi giornali.
Eppure i dati sono in controtendenza: in Italia si leggono e soprattutto si comprano pochi giornali (5 milioni e mezzo attualmente). Numeri da impallidire se confrontati con altre realtà europeo ed extraeuropee: in Giappone – afferma Alessandro Brignone – sono oltre 30milioni i giornali acquistati ogni giorno, con un livello di abbonamento pari al 90%.
Migliorare la qualità, tutti d’accordo, ma si punta il dito anche contro le ingerenze della politica e dei poteri economici sulla stampa, come le banche che “tengono con un cappio al collo i giornali”, come sostiene Ruben Razzante.
Una voce fuori dal coro è invece quella di Stephan Russ-Mohl, unico dei presenti ad essere convinto della futura scomparsa della carta stampata: “La vera domanda non è cosa succederà ai giornali cartacei, ma cosa succederà al giornalismo. Chi pagherà per il giornalismo? Senza pagamenti non c’è buon giornalismo”.
La platea, in buona parte composta da giornalisti e sognanti tali, applaude convinta.
Rush-Mohl va oltre: “Si potrebbero risparmiare il 70 – 80% dei costi se il giornalismo passasse tutto su internet. Si deve superare la vecchia tecnologia”.
Se un buon giornalismo è possibile anche su fogli elettronici, se la professionalità va oltre il supporto sulla quale viene espressa, qual è il senso autentico del giornalismo su carta stampata?
Francesco Casaburi