La newsroom integrata salverà il giornalismo?
Secondo molti esperti entro cinque anni la newsroom integrata sarà di norma in ogni redazione. I Super Media salveranno il giornalismo? Se lo sono chiesti Charlie Beckett, direttore POLIS London School of Economics, Giuseppe Smorto, condirettore Repubblica.it, Eric Ulken, The Los Angeles Times, Marco Pratellesi, direttore Corriere.it, Paolo Liguori, direttore TgCom. “Sono molto ottimista sui nuovi media – ha esordito Beckett; la notizia buona è che la gente vuole questo tipo di informazione, vuole essere parte della notizia”. Beckett ha anche manifestato parere positivo riguardo a Facebook. Giuseppe Smorto di Repubblica.it ha invece precisato come la piattaforma internet del suo giornale sia strettamente connessa al cartaceo. “Perché – ha continuato – questo è un momento in cui il giornale di carta va protetto, è la risorsa più importante di un’iniziativa editoriale”. Questa è una fase transitoria del giornalismo. Lo ha confermato anche Ulken: “Negli Usa alcuni giornali stanno già morendo. Naturalmente ciò non significa che il singolo sito internet possa difendere l’informazione e garantire una corretta informazione”. Marco Pratellesi ha invece precisato come l’unicità del prodotto non sempre sconfigge la concorrenza online. “Oggi la qualità è fondamentale, ma ciò che sta facendo morire i giornali è la logica del profitto che negli anni ’80 ha fatto sì che gli editori abbiano preferito incassare i profitti affidandosi esclusivamente alle agenzie”. Ciò ovviamente ha portato nel corso degli anni ad un impoverimento della professione, i giornalisti a detta dei relatori non sanno più fare il proprio mestiere. “I giornali – ha continuato Pratellesi – sono tutti uguali e il più delle volte hanno notizie che i lettori hanno già letto su internet”. Secondo Pratellesi bisogna quindi tornare a fare il giornalismo pre-internet per costruire poi il giornalismo post-internet. “Dobbiamo rimandare i giornalisti su strada e ridettare l’agenda dei grandi fatti. L’integrazione è utile se intesa solo come collaborazione tra carta e online”. Paolo Liguori, volto già noto alla televisione italiana e da alcuni anni direttore del TgCom, si è avvicinato a internet solo all’età di 55 anni. “Ho iniziato a studiare le nuove tecnologie, ma tra moltissime difficoltà. Con un mercato totalmente in crisi, il direttore deve essere anche un po’ editore. Ho così creato per il TgCom le breaking news, costano meno e rendono molto”. Non positivo invece il suo giudizio su Facebook, giudicando i suoi contenuti alquanto riduttivi.
Paolo Esposito