Fare il giornalista: un altro modo è possibile
Esiste un vero mercato giornalistico in Italia?
E’ con questa domanda che Roberto Chinzari del TG2 ha dato il via all’incontro dedicato al giornalismo freelance a 360 gradi. Trovandosi di fronte a cinque dei massimi esponenti di questo nuovo modo di fare informazione libera, studenti e giovani professionisti hanno passato due ore piene di emozione all’insegna del futuro.
Al centro del discorso il giornalista come mini-imprenditore di se stesso: anche se in Italia il freelance è visto come un precario, spesso nell’accezione più negativa del termine – che presuppone una incapacità di inserirsi seriamente nel proprio settore professionale – in realtà si tratta di una figura estremamente al passo coi tempi, fresca, libera e appassionata che per districarsi in questo enorme mare di possibilità deve avere, al contrario, il doppio delle abilità di un giornalista legato ad una testata – per non dire ad una scrivania.
A questo proposito è stata fondamentale la testimonianza di Daniela Berretta, di casa a Perugia ma una vera cittadina del mondo, che ci ha raccontato con estremo entusiasmo come il suo sogno di bambina curiosa sia diventato realtà, grazie solo ad una determinazione ed una forza d’animo che non è stato difficile scorgere nella sua forte e solare personalità. Non ha usato mezzi termini per dirci che “le vie alternative al giornalismo bisogna cercarsele” e che se si vuole fare questo lavoro “bisogna essere reattivi e preparati”. Ma c’è un motivo ben preciso che l’ha spinta a passare dal privilegio – e dallo stipendio – della CNN al lavoro da freelance: la libertà. Seguire le proprie inclinazioni e non dover a tutti i costi seguire una linea editoriale ben precisa è qualcosa per cui si deve pagare un caro prezzo ma per cui vale sempre la pena.
Tommaso Tessarolo ha raccontato invece la sua esperienza come direttore della versione italiana di Current, che ha offerto anche all’Italia un’occasione più unica che rara: una televisione fatta dagli utenti per gli utenti, anzichè da poche élite per la massa. Questo team di giovani rivoluzionari del giornalismo ha infatti avuto l’idea di piccoli contenuti video di alta qualità giornalistica, chiamati pod, prodotti da utenti che non sono per forza professionisti con accrediti, raccomandazioni o tesserini vari: sono persone. Che credono nella libertà di informazione tanto da diventare loro stessi generatori di contenuti, che fanno riprese estremamente personali, soggettive, incentrate sull’emozione e l’espressione. Sono reporter sul campo che scovano fatti socialmente, politicamente o economicamente rilevanti, non si limitano a raccontarli ma li vivono in prima persona e poi li condividono col resto del mondo sul web.
Un acutissimo Gabriele Immirzi ci ha accompagnato nell’avventura di Wilder, una scommessa nata tra amici sull’onda del boom del web all’inizio di questo millennio e che ora è stata acquisita da Fox International. Anche l’intervento di Stefano Valentino è stato estremamente interessante e coinvolgente, col racconto del grandioso lavoro di Freereporter, un sistema strutturato che fa da piattaforma di marketing, distribuzione ed amministrazione del lavoro prodotto da tutti i “reporter ambulanti”, come una “agenzia Magnum di freelance”.
In ogni caso, tutti sono stati d’accordo nel rispondere che un altro modo di fare giornalismo è possibile.
Basta volerlo.
testo e foto di Valeria Gentile
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