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L’uomo e le guerre

Foto di Martina Zaninelli

Paolo Giordano ha scelto il Festival del Giornalismo per presentare il suo nuovo libro Il corpo umano, pubblicato a cinque anni di distanza dal grande successo de La solitudine dei numeri primi, romanzo d’ esordio dello scrittore, subito vincitore della sessantaduesima edizione del Premio Strega. A intervistarlo la nota giornalista Lucia Annunziata. “Mi incuriosiva sapere come si è evoluta questa narrativa”, afferma la giornalista, “si può dire che le nuove generazioni tendano a esorcizzare il fenomeno della guerra”, prosegue in merito alla scelta dello scrittore di affrontare un argomento come questo, molto lontano dalle tematiche proposte nel suo primo romanzo tutto celebrale. “Volevo uscire da quella dimensione rarefatta”, spiega lo scrittore, che descrive il corpo in tutta la sua vulnerabilità e la necessità di renderlo un’entità distinta dalla razionalità delle mente, un mezzo per evadere dalle costrizioni dell’anima.

“Quello che mi ha spinto ad andare in Afghanistan e scriverci è stata l’esigenza di immergermi nelle vite dei miei coetanei che vivono un’ esperienza tanto forte. Mi sono accorto che in Afghanistan aveva avuto luogo per dieci anni una guerra di cui non conoscevo nulla, se non qualche distratta notizia di cronaca che si consuma nel tempo di due o tre giornali. Mi sono accorto di come buona parte di quello che avevo pensato fino a quel momento fosse basato su semplici pregiudizi privi di fondamento”, questa la risposta di Paolo Giordano che racconta la storia di un gruppo di personaggi, ognuno alle prese con una guerra personale, prima che militare, una guerra metaforica che ha i suoi riscontri nel rapporto con gli altri, all’interno della sfera familiare e generazionale. “Ho regalato ai personaggi pezzi di me allo scopo di renderli più reali”.

“Un libro di maschi, per i maschi” chiosa l’Annunziata, in riferimento alla larga maggioranza di personaggi maschili presenti nel libro, dove troviamo una sola figura femminile. Inevitabile il riferimento alla presenza delle donne negli scenari di guerra, quasi doveroso da parte dell’Annunziata, corrispondente dall’America Centrale e Latina dal 1981 al 1988 e dal Medioriente fino al 1995. La giornalista ricorda, inoltre, Oriana Fallaci, che con le sue Interviste alla Storia istituì un nuovo modo di intervistare, eliminando la distanza tra potere e non potere, sconvolgendo l’America ancor più che l’Italia.
L’incontro con i nostri due ospiti si chiude così, con una riflessione profonda sulla guerra che c’è anche quando non c’è, che possiede una semplificazione intrinseca. “Da qui nasce il paradosso dell’amore per la guerra, di cui parlava la Fallaci” afferma l’Annunziata. “Quando scoppia una guerra c’è solo una cosa che conta: sopravvivere. È il momento in cui le relazioni si toccano nella loro essenzialità, una vera e propria sindrome, di cui è inevitabile cadere vittima.”

Viola Bellisai

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