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L’altra faccia della medaglia (e del giornalismo)

Scettica, mi infilo nella fittissima matassa di gente che cerca di farsi un corridoio nel fiotto che viene via dalla conferenza appena conclusa. Facebook, twitter e blogosfera sono le parole chiave dell’incontro, inconsuete, penso, per una rassegna di incontri e dibattiti dal sapore tradizionale e dal retrogusto accademico. In realtà gli spunti “freschi” di questo festival sono tanti, e per fortuna aggiungerei. Anche un’incallita paladina della carta stampata come me (da lettrice, si intende) deve farsene una ragione, anzi applaudire le occasioni in cui si pongono sui piatti della bilancia i pro e i contro dell’informazione che proviene dalla rete. Come sempre quando il nuovo si affaccia all’orizzonte, si confonde la propria deficienza conoscitiva dell’oggetto con le sue effettive caratteristiche e potenzialità. Gli italiani pare facciano il loro motto di questa massima, anche se lentamente l’informazione sulla rete sta prendendo sempre più piede. Lo scetticismo che mi porta alla conferenza sui nuovi media è legato all’idea che l’informazione di stampo tradizionale non debba essere sostituita. Che sia carta o digitale (pur convinta che sia difficile sostituire la carta, nella sua fruibilità e leggibilità, con altri supporti), la sostanza e il nerbo dell’informazione devono necessariamente rimanere identici, mentre talvolta il sovraflusso di informazioni della rete travolgono e confondono. Lo specialista, il giornalista, il tecnico, il professionista, il letterato che scrive sui giornali in quanto esperto di un settore deve necessariamente continuare a farlo in rete, il filtro deve porlo chi è competente. Mi rendo conto che anche in sala sono molti a pensarla così, più di uno mi ruba la domanda e chiede ai relatori qualche spiegazione in questo senso. Non c’è dubbio, è un tema che scotta, talmente caldo che non si è in grado di stabilire con la giusta distanza critica se il rischio della dispersività che sta dietro l’angolo, soprattutto se facciamo riferimento ai contenuti offerti da migliaia di blogger, è reale o meno. Gli esperti chiamati a rispondere pongono l’accento sull’ “informazione partecipata” che è un’assoluta conquista. Il lettore tradizionale che ha finora subito l’informazione, ha davanti a sé un canale per controbattere e apportare un contributo. Più che lettore, può assolvere a pieno il suo ruolo di “cittadino” consapevole e attivo, «cane da guardia» vigile e pronto alla critica. Questo è decisamente un lato positivo della faccenda: non solo perché tramite la rete i cittadini hanno la facoltà di esporre la propria versione dei fatti o il proprio dissenso dall’opinione ufficiale, quanto perché viene meno l’idea dell’infallibilità di ciò che il giornalista scrive (può essere smentito e attaccato, cosa che sulla carta stampata non avviene così direttamente, una sorta di “perdita dell’aureola” del giornalista!). Riguardo ai vantaggi di un’informazione “plurale” e partecipata, due esempi mi colpiscono. Si fa riferimento ad un blog in cui da più di un anno i cittadini napoletani recensiscono e raccontano tutto quello che è accaduto e sta accadendo nel loro territorio riguardo allo smaltimento dei rifiuti. Un caso del genere non è da sottovalutare, soprattutto in una fase come questa in cui, dopo la presunta “pulizia” propagandata proprio in questi giorni da uno spot pubblicitario, l’informazione sulla situazione dei rifiuti a Napoli si è completamente zittita. Il materiale filmato da alcuni testimoni a Genova non ha forse fornito il racconto più veritiero dei terribili fatti accaduti tra le mura della Scuola Diaz, e non si è avvicinato alla verità più dell’informazione proveniente dagli organi istituzionali? Sono spunti su cui vale la pena riflettere. La risposta complessiva ai miei interrogativi è più soddisfacente del previsto: anche gli esperti non ritengono che la carta stampata o in generale l’informazione di matrice tradizionale possa estinguersi; se è vero che i nuovi media devono accogliere il metodo e l’indagine giornalistica, d’altro canto è indubbio che i nuovi strumenti digitali contengano in sé potenzialità di democraticità informativa e partecipativa, e che la riflessione e il dibattito sul giornalismo devono coinvolgere i contributi teorici che hanno per oggetto i nuovi metodi di comunicazione e scrittura, facendone possibilmente propri il linguaggio e le novità costruttive.

Valeria Mastroianni

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