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GlobaLeaks e la protezione delle fonti nell’era digitale: intervista a Claudio Agosti

Foto: Martina Zaninelli

Ogni volta che usiamo internet e le tecnologie digitali lasciamo una traccia. È davvero possibile garantire la riservatezza delle fonti e l’anonimato in caso di denunce che mettano a rischio la propria sicurezza?

C. A. Si, è possibile. Per raggiungere un certo livello di protezione, però, l’utente deve compiere uno sforzo in prima persona: se non hai le competenze tecniche o non usi software sei inevitabilmente esposto a rischi. Naturalmente non esiste una sicurezza assoluta e gli strumenti utilizzati vanno correlati ai rischi potenziali. Cerchiamo di far si che la protezione parta dalle stesse persone grazie a software gratuiti e intuitivi. Sono dieci anni che parliamo di questi temi ma nessuno ci ascoltava perché non si percepiva il rischio.

Cos’è GlobaLeaks?

C. A. Il progetto nasce dalla constatazione di un’esigenza dei giornalisti: garantire la riservatezza delle proprie fonti nonostante una rete insicura. I software non sono facili da usare e spesso i giornalisti non sanno come comportarsi. GlobaLeaks nasce per questo: pur non avendo competenze tecniche, è possibile utilizzare una piattaforma sicura per tutelare le proprie fonti.

Come funziona il software?

C. A. Il contatto è fra fonte e giornalisti. La struttura può essere creata da giornalisti, singoli o in gruppo, o redazioni. Il programma consente un flusso continuo di dati fra i soggetti in completa sicurezza. Ciò favorisce anche la verifica delle fonti da parte dei giornalisti, che possono chiedere dati, documenti e altre prove.

Come ha influito la vicenda di Wikileaks sulla progettazione della piattaforma?

C. A. WikiLeaks è solo in inglese, con una struttura centralizzata e dedicata a vicende di risonanza nazionale e internazionale. GlobaLeaks, invece, è più flessibile, permette di comunicare nelle lingue degli utenti ed è aperto ad aspetti locali con impatto su realtà quotidiana. La fondazione Radio Free Asia ha finanziato il progetto per le potenzialità d’uso in paesi governati da dittature, ambienti con forti infiltrazioni criminali e un forte controllo di internet.

Ci sono media e giornalisti che lo usano già?

C. A. Per ora è usato per lo più all’estero, mentre in Italia sono in corso alcuni esperimenti che stiamo monitorando attentamente. La flessibilità del sistema lo rende aperto a diversi soggetti: dai media alle pubbliche amministrazioni per esigenze di trasparenza. La direzione che prenderà il software sarà determinata dai feedback e dalle richieste degli utenti. In ogni caso, continueremo a svilupparlo come software gratuito e libero.

Pietro Lombardi

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