Professione reporter: il pericolo è il tuo mestiere
Calma e organizzazione. Sono questi gli elementi fondamentali per la professione del reporter. Per alcuni sembrano scontati, per altri superflui, ma potrebbero tornare utili. Addirittura potrebbero salvarvi la vita.
Il lavoro del giornalista è una professione pericolosa. Non pensiate che la cosa non vi riguardi solo perché avete deciso che non farete mai i reporter di guerra. Eventi apparentemente più consueti come scioperi, manifestazione, eventi sportivi, possono tramutarsi in un attimo, in piccoli campi di battaglia. Il giornalista deve essere pronto a tutto e per questo ha bisogno di una preparazione fisica, psichica e di un equipaggiamento a misura di emergenza.
L’importanza, quindi, di conoscere le norme di comportamento da tenere in certe situazioni è diventata sempre più una necessità. I grandi media organizzano programmi rivolti alla formazione dei propri giornalisti perchè queste forme di tutela sono assolutamente indispensabile, come hanno raccontato i protagonisti del workshop “Decidere in situazioni di emergenza”.
Ecco le loro esperienze e soprattutto i loro utili, anzi, fondamentali consigli.
Sa bene come ci si prepara prima di un reportage la giornalista Hanna Storm, direttrice dell’International News Safety Institute, che ha lavorato in giro per il mondo tra Europa, Sud America e Medio Oriente.
Il suo motto? “Una preparazione pregressa previene una performance penosa”.
Bisogna conoscere il paese in cui ci si reca studiandone clima, patologie, infrastrutture, politica, cultura, tradizioni religiose. Se poi siete donne è bene conoscere il codice di abbigliamento. Un foulard non occupa molto spazio in valigia e potrebbe evitarvi un sacco di guai.
A proposito di equipaggiamento: si viaggia leggeri, con una borsa che, in caso di crisi improvvisa, si possa acchiappare al volo e vi possa supportare per le successive 24, 48 ore. Leggére ma indispensabili poi, le fotocopie di tutti i vostri documenti.
Che partiate da soli o ingruppo createvi dei punti di contatto e lasciate la lista del vostro percorso a una persona della redazione o a qualcuno di fidato, da contattare a intervalli concordati, tramite chiamate o sms.
La valigia giusta però non basta. Una cosa che nella valigia non entra ma che non potrete lasciare a casa è la conoscenza di voi stessi. Non basta esservi prefissati una meta su una mappa, dovete sapere anche fino a dove siete in grado di spingervi.
Qui entrano in aiuto le neuroscienze, di cui si occupa Gavin Rees, direttore del Center for journalism and trauma, che si avvale di psicologi infantili o militari. Difronte ad un trauma , infatti, potreste avere reazioni che non vi saresti aspettati. La strategia di sopravvivenza del vostro corpo potrebbe portarvi a gesti inconsulti o a piombare nella completa assenza di stimoli.
Bisogna imparare a padroneggiare i comportamenti quando vi trovate faccia a faccia col pericolo. Se vi puntano una pistola in faccia, per esempio, fissare il buco della canna risulta la reazione più automatica ma potrebbe essere utile, invece, essere in grado di guardare in faccia il vostro attentatore.
Naturalmente non basta una buona preparazione per scongiurare una tragedia ma sicuramente avrete qualche chance in più di sopravvivere.
Ne è un esempio, la storia di Stuart Hughes, il giornalista della BBC che mentre era in Iraq si è ritrovato in un campo pieno di mine anti-uomo. Una di queste gli ha distrutto un piede. A quel punto che fare? Ferito, la sua reazione lo ha salvato. Al suo collega, invece, forse non preparato ad un simile stress, ha avuto l’istinto di mettersi a correre e quetso gli è costanta la vita.
Stuart, invece ha saputo reagire. Ha pianificato un secondo alla volta, creando mentalmente una specie di check list e con l’aiuto di un laccio emostatico e di un cellulare, si è salvato.
Ecco, quindi, i rudimenti per sopravvivere in situazioni difficili. Non vi resta, ora, che fare un lungo respiro e scegliere la prossima meta.
Un consiglio: andate per gradi. Non cominciate comprandovi un biglietto per Aleppo.
Micol Barba – @micolbarba