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La sicurezza dei giornalisti in guerra. L’esperienza dei rapiti in Siria

Una sorta di vocazione quella caratterizza gli inviati di guerra, che quando si trovano in situazioni pericolose rischiano quasi sempre la vita. A parlarne oggi sono Amedeo Ricucci, giornalista Rai fermato in Sira lo scorso aprile, Susan Dabbous free lance, Ruth Sherlock del The Day Telegraph, Richard Sambrook e Hannah Storm dell’INSI e Paul Wood della BBC News. Quest’oggi il tema è la sicurezza dei giornalisti inviati in zone a rischio o interessati da conflitti internazionali. Le condizioni della sicurezza negli ultimi 10 anni dopo l’11 settembre sono notevolmente cambiate. “Il giornalista non è più il perno del sistema informativo, e non è più il solo a trattare di tema di guerra che una volta venivano comunque protetti dai belligeranti, perchè si dava molta attenzione a guerre troppo spesso dimenticate- racconta Amedeo Ricucci- mentre ora con i social network non occorrono i giornalisti a raccontare le storie, ma tutti possono postare articoli o foto in relazione alla guerra. I giornalisti sono sempre morti in guerra e ognuno deve essere completamente preparato ad affrontare situazioni di emergenza. È bene munirsi almeno di un giubbotto antiproiettile. Bisogna conoscere al meglio il territorio, la popolazione e soprattutto la cultura”.

Mentre l’esperienza di Ruth Sherlock del The Day Telegraph è molto diversa, ovvero la giornalista inglese è partita nel 2010 durante il clou della Primavera Araba in Egitto, formandosi quasi completamente sul campo, lavorando sulla linea del fronte con i ribelli. Racconto del tutto diverso quello di Susan Dabbous, giovane free lance fermata anch’essa con Ricucci in Siria ad aprile. La Dabbous ci racconta che il conflitto in Siria è stata la prima guerra che ha visto con gli occhi di una giornalista, nel paese bisogna stare molto attenti soprattutto se si è donna.

Occorre essere accompagnati da persone già navigate in questo mondo. Paul Wood della BBC, spiega il tema della sicurezza dei giornalisti, come fondamento principale per il mestiere all’estero. Infatti la BBC dopo l’11 settembre ha intrapreso notevoli misure di sicurezza con il servizio di bodyguards. In Siria ad esempio, ci sono numerosi motivi per essere rapiti: religiosi, politici, etnici ecc. “Bisogna andare lì e sperare che vada tutto bene” afferma la Dabbous.

Oggi i social network detengono l’informazione e dal punto di vista della sicurezza il mestiere è molto cambiato. I giornalisti sono diventati dei bersagli perchè dopo l’11 settembre non c’è più rispetto per i giornalisti. C’è stato un taglio al bilancio delle missioni all’estero dei giornali internazionali, mentre le redazioni nuove non hanno ancora l’esperienza per gestire in loco la sicurezza.

I free lance in questo caso sono molto meno pagati dei dipendenti ed hanno meno garanzie, quindi sono sottoposti a molti più rischi. Infine le redazioni internazionali hanno il dovere di avere dei sistemi anche di geolocalizzazione che in molti casi possono anche salvare la vita ai giornalisti.

 

Nicoletta de Vita – @MagicaNiky

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