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Intervista a David Parenzo

Foto di Ilario D'Amato

 

La Zanzara vola da Milano a Perugia. Ai nostri microfoni David Parenzo, conduttore, insieme a Giuseppe Cruciani, di una delle trasmissioni radiofoniche più seguite degli ultimi anni. Il giornalista non risparmia le consuete frecciate al fondatore del Movimento 5 Stelle.

 

Su Linkiesta.it scrivono: “basta un rutto alla zanzara e i giornali ci fanno l’apertura“. Molte personalità che lavorano in questo settore vi accusano di essere promotori di un giornalismo superficiale, addirittura frivolo. Eppure continuate ad avere un successo di pubblico. Insomma, non vale più la pena approfondire nel giornalismo?
Il giornalismo è fatto di generi. Quando qualcuno decide di vedere Quark di Piero Angela si aspetta un documentario sugli animali o sull’origine del mondo; quando uno ascolta La Zanzara, invece, alle volte vuole ascoltare anche il rutto. C’è uno spazio per tutto, anche un giornale autorevole come il Corriere della Sera, accanto alle notizie di politica, può affiancarne una di costume, ti può raccontare delle belle gambe di un tal deputato o di quell’altro, questo per dire che anche nei giornali più autorevoli si possono trovare notizie frivole, ma ciò non significa che il prodotto sia privo di valore e qualità. Criticateci per il format, ma non per il metodo, che è il nostro metodo.

Dal lunedì al venerdì dalle 18:30, la curva di ascolto di Radio 24 si impenna, non si può dire altrettanto per quanto riguarda gli ascolti TV. Cosa ci può dire in merito al divorzio con TGcom?
In realtà La Zanzara non è mai stata in televisione, si è trattato di un esperimento che abbiamo voluto fare con la collaborazione di Mario Giordano e TGcom. Due telecamere nello studio di Radio 24 mandavano in onda la nostra trasmissione. Ma un programma televisivo vero e proprio necessita anche di un format, non è sufficiente la presenza di due persone sedute a un tavolo che parlano. Mediaset ha deciso di fare altre scelte ma non escludo che un domani torneremo in TV, magari con la costruzione di un format ben preciso.

Grillo sostiene che la casta dei giornalisti sia addirittura peggiore di quella dei politici. Ma esiste davvero questa casta e lei si sente, in un certo senso, parte di questa categoria?
Quando c’è un ordine professionale, generalmente possono esistere delle caste. Io non mi sento di appartenere ad alcuna casta perché in questo paese esiste il diritto di critica. I giornalisti italiani possono piacere o non piacere, ma siamo in un paese libero, ci sono molte testate di editori diversi, esiste la rete, come ci ricorda lo stesso Grillo, che esaspera l’esistenza di quest’ultima come se fosse in grado di risolvere ogni problema della nostra democrazia. In realtà, l’esistenza della rete con un accesso libero, non implica che l’informazione veicolata sia un’informazione libera. La qualità dell’informazione dipende soprattutto da altri fattori, tra i quali la possibilità di verificarne la veridicità. Grillo ha trasformato la democrazia parlamentare in democrazia online, fingendo che questa sia democrazia. Ma si tratta di una falsa democrazia, la nostra sarà imperfetta, come diceva Churchill, ma ha comunque meno difetti delle altre. La democrazia italiana è perfettibile, quella di Grillo è una stronzata.

Nel blog di Belle Grillo dicono di voi: “Sono proprio due bertucce che si gongolano a far mettere in bocca agli ospiti parole che non dicono solo per far scoppiare il casus belli. Dovrebbero andare a Verissimo, quello e il loro posto.” Lei cosa risponderebbe?
Le bertucce sono apparentemente stupide perché nelle gabbie degli zoo saltano da un ramo all’altro, privi di qualsiasi razionalità. In verità, cercano le banane o le noccioline. Le noccioline, in questo caso, ce le dà il grande comico Grillo, attualmente prestato alla politica e che, di recente, ha perso il senso dell’ironia, del confronto e della critica. Io mi faccio volentieri sbertucciare dal comico Grillo, vorrei che anche lui facesse altrettanto, che tornasse a sorridere e si confrontasse con noi, accettando le nostre chiamate e le nostre interviste. Dopodiché potrà anche mandarci a quel paese, ma che accetti prima di tutto le regole del gioco democratico che non è il monologo, ma il dialogo.

 

Viola Bellisai

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