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Quando il giornalismo indipendente, dipende dal crowd funding

 

ph: Chiara di Giorgi

Il lavoro giornalistico costa tempo, denaro e tenacia. Lo sanno bene i giovani protaginisti del workshop,  presentato dalla giornalista del Corriere della sera, Stefania Ulivi.

Lisa Biagiotti ha diretto e prodotto  un documentario, dal titolo Deepsouth, sul tema, completamente trascurato in America , dell’HIV nelle zone rurali del sud degli Stati Uniti.

Andrea Marinelli, invece,  ha seguito e inseguito l’ultima  campagna elettorale americana in tutte le sue tappe.

Entrambi si sono avventurati in un percorso sicuramente appassionante ma  lungo e costellato di sacrifici, talvolta al limite del logorante, durante il quale si sono dovuti misurare con la necessità di reperire i fondi per poter portare a termine il loro lavoro.

2 anni, 20 mila kilometri, 100 mila dollari. Questo il costo del documentario della videomaker Lisa Biagiotti. La metà dei soldi è riuscita a torvarli grazie al supporto no profit delle fondazioni ma per raccogliere gli altri 50 mila dollari ha deciso di liquidare il suo fondo pensione.

I riconoscimenti e le soddisfazioni l’hanno ripagata  con 25 articoli apparsi sui più prestigiosi giornali americani e la presentazione del suo progetto, dall’alto valore documentaristico e cinematografico, ad un importante festival del cinema a New york.

Anche Andrea  ha deciso di raccontare qualcosa che i grandi media non sono in grado di fare, spesso per mancanza di risorse o per mancanza di volontà.

Quando sono iniziate le elezioni, lui che già lavorava a New York , ha preso un  volo low cost, prima tappa Ohio. Presto però ha finito i soldi e si sa che il valore aggiunto di essere sul campo, di per sè,  non paga.

A salvare il suo progetto, però, è venuto in aiuto il sistema di crowd funding. Molti lettori del blog che aveva cominciato a scrivere dalle prime tappe del suo viaggio,  hanno deciso di finanziare il suo lavoro per non rinunciare ad una narrazione unica.

Grazie a questo, il suo viaggio ha attraversato 15 stati, fino alla nomination, in un percorso costellato di comizi in casinò, autogrill e  ristoranti di campagna.

Sentire queste storie, fa davvero venire voglia di provarci.

A tratti rocambolesche e molto affascinanti, queste due esperienze, non sono però da prendere a esempio, ha voluto sottolineare  Stefania Ulivi. Sono casi fortunati, non la regola. Soprattutto devono poi essere in grado di mantenere sempre una proficua l’interlocuzione con i media tradizionali. E anche in questi due casi, non sempre è stato semplice.

Non basta insomma, avere una buona idea dai contenuti interessanti e  il reperimento di fondi non è certo assicurato, anche con queste nuove forme.

Il giornalismo indipendente, insomma, dipende da tanti fattori, sembra quasi una sorta di alchimia. Necessita di molteplici elemeti che non sempre sanno incastrarsi nei tempi e nei modi giusti.

Micol Barba -@micolbarba

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