Il fumetto alleato del giornalismo e dell’impegno civile
Intervista a Marco Rizzo, giornalista e sceneggiatore di fumetti di Trapani, uno dei più promettenti autori della scena italiana. Ha collaborato con grandi testate come Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport, con diverse pubblicazioni dedicate a biografie di personaggi, in particolare con testimonianze di lotta alla mafia.
Quali sono i personaggi di cui ti sei occupato nelle tue graphic novel?
«Ho scritto, per quanto riguarda l’impegno contro la mafia, le storie di Ilaria Alpi, Peppino Impastato, Mauro Rostagno (che era collega di mia madre) e Nino Agostino Ma ho fatto anche le biografie di Marco Pantani e Che Guevara. Ho notato che in Italia c’è un grosso deficit di memoria collettiva, non si conoscono tutte queste storie fondamentali.»
Cosa ne pensi dell’apporto che il mezzo del fumetto può dare al giornalismo e al giornalismo di inchiesta in particolare?
«Il giornalismo, se fatto bene, è sempre impegno civile e il fumetto è una delle forme del linguaggio, tra l’altro molto efficace in certi casi più della parola scritta. Se uno vive in Sicilia è quasi doveroso occuparsi di certe questioni come la mafia.»
Hai mai ricevuto disapprovazioni o critiche ai tuoi lavori?
«Certo, fa parte del gioco. Bisogna quindi saper filtrare le critiche costruttive e distinguere dall’insulto e la polemica. Racconto un aneddoto. Durante il processo su Mauro Rostagno sia gli avvocati della difesa che i PM hanno letto il nostro fumetto, dando così importanza e ritenendo evidentemente affidabile la nostra ricostruzione. Allo stesso tempo, uno degli avvocati della difesa voleva querelarci perché lui stesso era citato nel fumetto (all’epoca era assessore) ma non lo ha fatto perché – ci ha fatto sapere – è “solo un fumetto”. E quindi è un paradosso: i PM e gli avvocati considerano il fumetto quasi come fosse un atto processuale e allo stesso tempo c’è un avvocato che non lo considera proprio.»
La formazione è molto importante, infatti utilizzate moltissimo il fumetto nelle scuole:
«Esatto, visto che il fumetto è considerato “una cosa per bambini” noi utilizziamo questo stereotipo come cavallo di troia. E questo ci ha dato molte soddisfazioni, basta pensare che alcuni insegnanti hanno notato che i loro alunni con più problemi cognitivi riescono ad esprimersi proprio grazie ai fumetti che gli abbiamo mostrato (vedi il tema del bullismo). Per non parlare del racconto della mafia che finalmente riesce ad essere capito meglio con l’ausilio di questo mezzo che permette realismo di fatti verificati in maniera giornalistica ma allo stesso tempo sperimentazioni tra più media senza perdere l’autorevolezza e guadagnarne in immediatezza e forza evocativa»
Come vedi il futuro del giornalismo e fumetto, connubio che sta riscuotendo un buon successo in questi mesi?
«L’allegato ai quotidiani in effetti ha dato visibilità e nuovo interesse al fumetto: basta pensare al milione di copie vendute con Corto Maltese o le 200 mila copie con Tex. Oppure le illustrazioni a corredo di articoli di cronaca sui maggiori giornali o la collana illustrata sulla lettura allegata al Corriere della Sera. Il problema è che ogni dieci anni c’è una “riscoperta” e dopo puntualmente la bolla si sgonfia perché passa la moda. Ci sono comunque buoni segnali anche in questi periodi di crisi dell’editoria.»
Enrico De Col