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La mafia in Umbria

Claudio Lattanzi

Prendendo spunto dal recente libro di Claudio Lattanzi, La mafia in Umbria. Cronaca di un assedio, Marco Brunacci, direttore de Il Messaggero – Umbria, Giuseppe Castellini, direttore delGiornale dell’Umbria, Roberto Conticelli, direttore de La Nazione – Umbria, Norma Ferrara di liberainformazione.org, moderati e coordinati da Dante Ciliani, presidente dell’ODGdell’Umbria, hanno dibattuto sul problema della presenza della mafia in questa regione.

In Umbria certamente la penetrazione delle cosche mafiose non è un fenomeno evidente e immediatamente visibile, ma anche in questa regione, come ha raccontato Lattanzi, c’è una presenza costante e sotterranea della mafia, una presenza che è in continua crescita. Nel libro, ha sottolineato, si delineano le cause, le origini e le dinamiche strategiche legate alla struttura organizzativa delle varie organizzazioni mafiose. Infatti ci sono due modelli organizzativi agli antipodi: in primo luogo c’è Cosa Nostra, con una struttura verticistica e gerarchica e una base operativa che esegue gli ordini. Una struttura che è stata mesa in crisi dai tanti arresti a livello nazionale. In secondo luogo c’è il modello calabrese della ‘Ndrangheta, fatto di vincoli di tipo familiare, con cellule autonome l’una dall’altra. Un modello che, sostiene Lattanzi, è più efficace per penetrare in Umbria.

In ogni caso, ricorda lo stesso Lattanzi,  ci sono anche presenze siciliane in questa regione, soprattutto nel ternano e nello spoletino. Il motivo per cui c’è anche la mafia siciliana è legato al fatto che l’Umbria non è solo territorio per il bussiness: è anche il territorio in cui ci si può nascondere facilmente, ovvero, per usare un’espressione dell’attuale procuratore di Terni, l’Umbria è “un covo freddo”. Inoltre, questo è possibile perché in questa regione c’è ancora una sensibilità e un’attenzione poco diffusa rispetto a questo fenomeno. L’idea prevalente è che la mafia sia questione di altri territori.

Gli importanti giornalisti locali presenti al dibattito hanno sottolineato come l’Umbria sia stata il territorio di molti eventi significativi nella storia della mafia: questo perché, ad esempio, molti capi mafiosi sono stati detenuti in carceri umbri. Inoltre hanno evidenziato come la presenza mafiosa nella regione sia caratterizzata da un’infiltrazione lenta. Castellini, in questo senso, ha contestato la parola “assedio” nel sottotitolo del libro di Lattanzi; in effetti, ha spiegato Castellini, se parliamo di un assedio “caldo”, semplicemente non c’è. Se invece parliamo di un assedio “freddo”, esso si verifica in tutte le regioni italiane. In questo senso, ha continuato il giornalista, dobbiamo dire che in Umbria non c’è una situazione “calda” e per ora la barriera è stata tenuta alta.

In questo senso tutti i giornalisti intervenuti si sono trovati d’accordo nel dire che non si può parlare di vero e proprio allarme, e la stampa fa bene a non allarmare la popolazione; nello stesso tempo però non va assolutamente sottovalutato il problema e bisogna continuare a vigilare e ad impedire ogni infiltrazione mafiosa in questo territorio.

Norma Ferrara di Libera Informazione, un osservatorio nato dall’Associazione Libera per favorire un collegamento tra l’informazione locale e il movimento antimafia, ha raccontato gli sforzi messi in campo per sensibilizzare i media umbri in merito alla questione della mafia. In quest’ottica sono stati realizzati due dossier,  di cui uno pubblicato nel 2011 con il titolo Il covo freddo, e molte iniziative in questo territorio. Secondo Ferrara, i giornali in Umbria parlavano di mafia, ma mancava un quadro di insieme. A confermare questa impressione il fatto che la maggior parte dei cittadini segnalava un allarme molto più alto rispetto al racconto che veniva fornito dalla stampa locale e dai dibattiti giudiziari. Bisogna aggiungere, ha continuato Norma Ferrara, che molto spesso si fa confusione sul nome da dare alle cose. In questo senso a volte non c’è mafia e a volte si; a volte ci sono organizzazioni criminali che non sono di stampo mafioso. “L’Umbria è al centro di un narco-traffico su scala internazionale; in secondo luogo la regione è il terminale ultimo della tratta degli esseri umani; infine Assoimpresa ha denunciato la presenza di importanti reti usuraie, circa 40, con 300 persone coinvolte. Inoltre c’è la questione del gioco d’azzardo, la nuova frontiera degli affari criminali. In quest’ottica, la mafia certo non ignora che in Umbria si possono fare investimenti con meno rischio perché c’è un allarme sociale minore.” “La stampa non sempre ha raccontato queste cose. Ma le cose stanno cambiando. Nel 2008 organizzammo un seminario che andò deserto, mentre nell’ultimo incontro la sala era piena. Toccando i tasti giusti, mettendo insieme un quadro di insieme con fatti e notizie, è possibile migliorare alcuni meccanismi dell’informazione e riuscire a dare un segnale alla società civile, che se stimolata risponde molto bene”.

In conclusione è intervenuto il Procuratore distrettuale antimafia Giacomo Fumo, che ha dichiarato: “Devo dire, che mi sento in cassa integrazione, perché i procedimenti iscritti al mio ufficio sono pari a zero. Tra le varie iscrizioni di reati ci sono però tantissime iscrizioni per spaccio di stupefacenti e tratta di esseri umani. Girano intorno all’Umbria associazioni criminali che hanno fini diversi da quelle mafiose, che perseguono obiettivi diversi. Lo strumento classico dell’associazione mafiosa è infiltrarsi nel territorio e governarlo sostituendo le proprie strutture a quelle dello stato e in questo senso la pubblica amministrazione in Umbria è ancora esente dall’infiltrazione. La lotta della criminalità è compito dell’amministrazione pubblica. Ma non basta. Lo stato siamo tutti noi, non solo chi esercita una funzione pubblica, ma anche chi esercita una funzione privata. Dobbiamo essere tutti consapevoli che bisogna opporre una barriera alle infiltrazioni mafiose. La barriera la dobbiamo fare tutti, le antenne le dobbiamo drizzare tutti. Possiamo ancora impedire questo avanzamento della mafia, senza drammatizzare ma con l’impegno costante di tutti e la massima attenzione, a qualsiasi livello (istituzioni pubbliche, sindacati, associazioni).

Enrico Tata

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