La guerra come scelta di vita
Perché si sceglie di andare in guerra?
Con questa domanda Laith Mushtaq, cameraman di Al Jazeera, ha iniziato la sua conferenza sul Reportage di Guerra, durante la sesta edizione del Festival Internazionale del Giornalismo. Domandarsi il perché si sceglie di prendere una simile decisione è fondamentale per capire se si è realmente motivati a compiere questo passo: si ha un messaggio? Si vuole raccontare la verità? Oppure semplicemente si vuole andare in guerra per diventare famosi? Se questo è lo scopo, afferma Laith Mushtaq, allora si è sulla strada sbagliata. Andare in guerra non porta notorietà, non porta fama né successo, andare in guerra vuol dire rischiare la propria vita costantemente, vuol dire essere consapevoli di non potere più vedere la bellezza, poiché la lente dei propri occhi resterà per sempre graffiata dalle immagini di sangue a cui avrete assistito. Se si è pronti a tutto questo, afferma Laith Mushtaq, allora si è compiuto un primo passo per poter affrontare una guerra e raccontarla.
Un secondo passo, altrettanto importante rispetto al primo, è quello di conoscere la terra in cui si va, perché questo potrebbe salvare la vita. Apprendere i costumi, le usanze, le abitudini, la storia del luogo è fondamentale per rispettare le tradizioni locali, per integrarsi e per non far sentire troppo la differenza culturale. In un momento di percolo, infatti, questo potrebbe tornare molto utile, potrebbe convincere i rapitori a lasciarvi liberi, potrebbe salvarvi la vita. Non bisogna lasciarsi vincere dalla paura: scherzare, prendere con ironia una situazione drammatica, avere creatività, alle volte, è l’unica via possibile da percorrere per raggiungere la salvezza.
Ma in guerra la morte potrebbe colpire con le più varie sfaccettature: l’unico nemico non sono le armi, ma potrebbe essere anche la mancanza d’acqua, la presenza massiccia delle zanzare, la carenza di medicine basilari, l’assenza di una torcia che potrebbe permettere di muovervi nelle situazioni più difficile, tutte piccole cose alle quali non si pensa proprio perché scontate nella vita quotidiana. Un altro fattore da analizzare quando si va in guerra è il cellulare. Oggi gli iphone non sono smembrabili: la batteria non si può staccare e il cellulare resta sempre facilmente rintracciabile tramite gps ovunque si trovi. Questa caratteristica potrebbe essere estremamente pericolosa. Allo stesso tempo, però, il cellulare potrebbe salvare la vita: un messaggio mandato in extremis, alle volte, è l’unica speranza di sopravvivenza.
Tutte le precauzioni sono di vitale importanza se si decide di andare in guerra, ma ciò che non si deve mai dimenticare è che la propria salvezza è ciò che più conta.
Eleonora Currò