Donne e media: lavori in corso
Nell’ambito della panel discussion “Donne e media: il diritto ad una diversa comunicazione del femminile” abbiamo intervistato Giovanna Cosenza, docente di semiotica all’Università di Bologna.
Donne e media, aggiungo altre due parole: politica e cultura. Il quadro come diventa?
Diventa sconsolante in Italia però vale la pena ricordare visto che parliamo sempre dell’Italia che effettivamente rispetto alle medie internazionali è messa un pochino peggio come rappresentanza. Lei ha nominato politica e cultura quindi parliamo della presenza femminile nelle istituzioni politiche e culturali, si intendono università, media che sono istituzioni cultuali e annessi e connessi. L’Italia ha percentuali più basse che altri paesi europei, che la media europea però il problema della presenza femminile e della disparità di genere è un problema internazionale, di tutto il mondo, occorre ricordarlo. Dopodiché occorre ricordare le battaglie locali e anche più ampiamente internazionali: mai scoraggiarsi, insistere e persistere.
Per quanto riguarda il quadro politico in Italia abbiamo assistito a un recente cambiamento: andato via il governo Berlusconi siamo di fronte al nuovo governo, la situazione per quanto riguarda l’idea della donna è cambiata, sta cambiando, c’è speranza che cambi?
È troppo presto per dire che sia cambiata. È vero che dal punto di vista dell’immagine della donna in politica il fatto che siano stati affidati ruoli di responsabilità, ministeri importanti a figure femminili chiaramente incide, perché nel dibattito attuale nei momenti più difficili abbiamo visto figure femminili, e quindi conta. Però occorre ricordare che il parlamento è sempre lo stesso, la percentuale di presenze femminili nel Parlamento italiano è intorno al 21%, anche la sinistra che si riempie di belle parole che riguardano la parità di genere – penso al Pd, ho fatto i conti io – la percentuale di deputate del Pd è del 30%, quindi sono meglio, hanno un 10% in più che è la media del parlamento, ma non così meglio: la parità si ha al 50%. Dopodiché è chiaro che la quantità non risolve i problemi, soprattutto in un paese in cui la meritocrazia è una parola quasi sconosciuta, è molto spesso invocata ma non praticata. Quindi l’obiezione di coloro che dicono “insistere sui numeri non porta a risultati” è vero, ci sono, ha un suo fondamento, però da qualche parte bisogna cominciare, quindi insistere sui numeri, seguire l’esempio di ciò che avvenuto nei paesi del nord Europa. Per cui: questione quote rosa, non è che mi piacciano, per il discorso che ho appena detto, la quantità non fa la qualità, però siccome i cambiamenti culturali sono troppo lenti – può passare un secolo, stiamo parlando di questo! – allora i paesi del nord Europa hanno mostrato che alcune imposizioni per legge nei primi anni 2000 hanno portato ad un’accelerazione, è chiaro che poi se imponi un numero di presenze femminili, in mezzo ci saranno anche raccomandate, figlie di, mogli di… Però statisticamente aumenti la probabilità che ci scappi qualche figura di rilievo in più, nel senso della competenza, della preparazione e dei numeri nel senso qualitativo per svolgere un certo incarico.
A proposito di incarichi, siamo al Festival del giornalismo e la vostra conferenza parlerà anche di comunicazione: esistono figure femminili in questo momento nel mondo della comunicazione che stanno segnando la differenza, lei vede delle speranze concrete?
GC: Parliamo di media, di televisione e di giornalismo. Purtroppo i numeri che la FNSI ci dà sulla presenza femminile nei giornali, nei quotidiani e anche in Rai, non vanno lontano da quello che ho detto, corrispondono. Certo, in tv, in Rai, abbiamo la maggioranza di speaker donne, perché la presenza femminile, lo possiamo immaginare… Io non voglio essere distruttiva, però la situazione non è tra le migliori. Biosogna lavorarci, e anche i media in questo momento non mi fanno dire cose che possano in qualche modo allontanarci un po’ dallo scenario di cui ho parlato finora.
Alessandra Chiappori