Giovane? Chi è costui?
Se vai a vedere una conferenza dal titolo – Questo non è un paese per i giovani – in un teatro perugino stracolmo di un pubblico in attesa di un dibattito che prenda il volo, per rigor di logica, ti aspetti proposte innovative, o almeno scontri dialettici infuocati. Per di più, se sul palco di tale teatro, come relatori esperti compaiono Pierluigi Celli, direttore generale della Luiss, Giuseppe Civati, esponente del Pd e blogger, Antonio De Napoli, portavoce del Forum nazionale dei giovani, Marcello Foa, cofondatore dell’Osservatorio europeo dei giornalisti, moderati da Giovanna Zucconi, giornalista culturale, dal piglio ironico salvifico.
E invece le cose non vanno come ti aspettavi. La discussione si inceppa, segue i binari delle frasi fatte, dei colpevolismi inutili, delle prese di coscienza, nutrite di retorica, di se e di ma.
Celli si riaggancia alla lettera di Repubblica nella quale invitava il figlio a guardare all’estero per un futuro con maggiori opportunità. Una provocazione nata “perché non si parlava della questione dell’accesso al lavoro per i giovani”, sostiene il manager.
“Chi ha e sta non lascia spazio?”, incalza la Zucconi. “Non solo in Italia”, ribatte Celli, “Il problema è che i vecchi non si occupano dei giovani. Mancano i maestri”. E mentre il 25enne De Napoli afferma: “Il vero nodo è quello della rappresentanza giovanile. Inesistente”, per Civati la vera questione non è tra vecchi – giovani, ma tra ricchi – poveri, “in Italia è difficile che una persona si tiri su dal basso. Una polarizzazione quella tra giovani e vecchi che in realtà non vuole cambiare nulla”.
“Viviamo in una frammentazione di ceti”- precisa il direttore della Luiss – “Chi ha il potere, lo perpetua tra i suoi, per cooptazione, selezionando chi non dà fastidio”.
Ok, cari esperti, ma noi della platea queste cose le sapevamo già. Diteci di più.
“Come rendere migliore questo paese in una battuta?” chiede la Zucconi. “ L’Italia sarà migliore solo quando la gente di potere risponderà alla mail”, afferma Foa in una sintesi fulminante. Dal pubblico si solleva un quesito amaro che non trova risposta: ma perché i giovani non si incazzano? E’ forse un malessere troppo grande o ancora troppo piccolo per farci arrabbiare?
In chiusura Celli, da esperto manager, fa una proposta da manager: “ai giovani dovrebbe essere data l’occasione di diventare imprenditori per provare un’esperienza imprenditoriale”.
Mugugni interiori. Ma un Paese può essere fatto solo da giovani imprenditori o è solo un’altra via che riporta sulla strada della famigliocrazia?
Tra dubbi e stupori, mi chiedo se i giovani esistano ancora, di certo in questo dibattito non si è parlato di loro.
Maria Teresa Melodia