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Giornalismo investigativo al Festival

Al terzo giorno del Festival Internazionale del Giornalismo, tre noti giornalisti investigativi italiani, Lirio Abbate ed Emanuele Fittipaldi de ‘L’Espresso’ e Carlo Bonini “La Repubblica”, raccontano la fattispecie più importante del giornalismo, il giornalismo investigativo.

Fondamentale perché riesce a svelare all’opinione pubblica fatti e situazioni ignote, il giornalismo investigativo nasce ai primi del ‘900, quando gli organizzatori del Premio Pulitzer introdussero la categoria al concorso.

“E’ un modello di controinformazione – afferma Fittipaldi. Una voce critica della realtà, che in altri paesi è costituita da appositi centri redazionali, ma in Italia non esiste perché attivare questa voce richiede tempi lunghi e ingenti costi che il redattore medio non riesce a sostenere”.

L’elemento essenziale di un lavoro investigativo è l’originalità, che si basa attraverso ‘fonti aperte’ e ‘fonti chiuse’, rispettivamente notizie accessibili a tutti e quelle più a stretto contatto con il giornalista attraverso caratteristiche quali, ad esempio, l’anonimato.

In particolare, Fittipaldi spiega il rapporto tra il giornalista e la ‘fonte chiusa’, affermando che esso “si costruisce nel corso del tempo e a seguito di provata fiducia”.

“Il giornalista è la sua agenda telefonica – afferma folcloristicamente il giornalista de ‘La Repubblica’, Carlo Bonini – in quanto senza fonti il giornalista non sarebbe tale. Inoltre – ha continuato il giornalista – il rapporto con le fonti è talmente stretto che se venisse rivelata la fonte il giornalista perderebbe la propria credibilità”.

Lirio Abbate ha spiegato come nasce e come si evolve un’inchiesta, affermando che “fase caratteristica dell’inchiesta è quella di cercare nel territorio notizie originali che raccontino la realtà. Basti pensare – ha aggiunto – all’esempio positivo dell’inchiesta de ‘l’Espresso’ sulla Protezione Civile Spa alla Maddalena, avvenuta prima ancora dello scandalo”.

“Un lavoro investigativo può nascere per intuizione del giornalista o per impulso di una fonte chiusa, ma anche per una richiesta diretta del caporedattore della testata giornalistica, ed in questo caso – ha continuato il giornalista – la squadra investigativa ha il compito di preparare il lavoro e interrogare le fonti chiuse”.

La ‘pericolosità’ del giornalismo d’inchiesta per i poteri costituiti, è tale che sempre più spesso accade che “i giornalisti vengano citati civilmente in giudizio con lo scopo di intimidirli e bloccarne il lavoro”

Tuttavia, i modi per ostacolare un inchiesta sono molti. Lo studio e la diffusione della realtà attuata dal giornalismo investigativo, rende assolutamente evidente e quasi comprensibile le pressioni esercitate dalla politica sull’editoria e inevitabile il limitato numero di testate giornalistiche in grado di permettersi di svolgere questo tipo di inchieste compromettenti.

“Inoltre – ha terminato Abbate – può capitare che sia lo stesso editore a non volere certi tipi di notizie sul proprio giornale, e in questo caso, il pericolo maggiore per l’attività investigativa è il taglio dei fondi e del numero dei collaboratori”.

Articolo e foto: Francesca Siclari e Alessandro Di Maio

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