Affilate i coltelli
Vuoi fare il giornalista? Preparati alla guerra. C’è chi sostiene che il giornalismo sia il mestiere più bello del mondo e non posso che concordare poiché altrimenti non sarei qui (anche una scrivania nella Stanza Ovale non sarebbe male), ma aggiungerei che il mondo dei giornalisti è invece tutt’altro che bello. La parola d’ordine risulta essere competitività. Anche quando in palio non c’è nulla bisogna sempre arrivare primi, vincere la gara, battere l’avversario.
Tra aspiranti giornalisti poi la situazione è ancora più critica: tutti lottano per mettersi in mostra, pensando che se riusciranno a scambiare qualche battuta con il direttore di un quotidiano nazionale vinceranno il Pulitzer. Mi dispiace rivelare una triste verità: non è così.
Sgomitare e spingersi per piazzare un registratore sotto il mento di qualunque persona giri per il Festival con appeso al collo il pass da speaker: sembra questo il passatempo di certe persone che, dopo interviste della durata pari a 30-35 minuti, consegnano il loro biglietto da visita al malcapitato.
Sottolineo il “qualunque” e il “certe”: spesso infatti non importa chi sia la persona intervistata, in molti casi capita che fino a 5 minuti prima non si sappia neanche che lavoro faccia, ma la “bulimia di conoscere il personaggio famoso” vince su tutto. Ovviamente questo è un comportamento limitato a “certe” persone, l’aspetto bello del Festival, infatti è che la maggior parte dei volontari vive la manifestazione come un mondo di crescita, divertimento e condivisione.
Comunque da ogni esperienza è bene trarre un insegnamento: attenzione a riporre la propria fiducia negli aspiranti giornalisti, potrebbero rubarti l’idea e bruciarti il pezzo.
Jessica Camargo Molano