Le 10 domande: un atto dovuto ai cittadini
E’ pura passione giornalistica quella che parla nel primo pomeriggio al Teatro Pavone e lo fa con la voce del direttore di Repubblica Ezio Mauro, inervistato Angelo Agostini a proposito dell’ormai celeberrima inchiesta delle 10 domande al presidente del Consiglio.
In un panorama povero di vere inchieste com’e’ quello dell’informazione italiana, a causa della sua anomala concentrazione nelle mani del capo del governo, e’ una gioia ascoltare un direttore che motiva le ragioni che hanno spinto lui ed un piccolo staff ad affrontare esplicitamente una questione su cui molti hanno preferito stendere una coltre di reticenza.
Mauro spiega quanto sarebbe stato importante che altri giornali italiani riprendessero e riproponessero le 10 domande cosi’ da fare in modo che l’inchiesta, ed i temi su cui essa verteva, diventasse “patrimonio condiviso della coscienza nazionale”, e in questo contesto cita per contrasto il caso americano dello scandalo Watergate, partito dal Washington Post e riversatosi ai bacini di utenza di tutte le altre testate fino a coprire tutta l’opinione pubblica (tutti sappiamo come e’ andata a finire e molti si auspicavano una conclusione analoga anche in Italia).
Agostini si dimostra un ottimo interlocutore, provocatore ed impertinente quel tanto che basta per dare il via ad un dialogo interessante e vivace, come quando chiede al direttore cosa pensi di chi gli ha attribuito il ruolo di “aspirante vero capo dell’opposizione”. Mauro abbozza un sorriso e professa una (per me sorprendente) dichiarazione di modestia, respingendo nettamente questo appellativo e specificando come soltanto l’amore per il proprio lavoro lo abbia portato ad occuparsi delle vicende che coinvolgevano l’intera Repubblica e a cercare di offrire la verita’ ai cittadini.
L’opinione del giornalista a proposito di Silvio Berlusconi e’ notoria, ma nel suo intervento non risparmia strali neppure ai dirigenti dell’opposizione. Definisce infatti un “cortocircuito intellettuale” la serie di motivazioni che hanno portato i leader del PD a non utilizzare come arma politica l’equivoca frequentazione del premier con la minorenne Noemi Letizia, liquidando l’intera faccenda come bieco gossip diffuso al solo scopo di gettare fango gratutito su Berlusconi e non per indagare a fondo la condotta dell’uomo piu’ potente d’Italia. La portata di questo errore viene rimarca da Mauro rimarcando che la vicenda e’ emersa, gia’ nelle sue prime fasi, in modo tutt’altro che privato e attraverso mezzi istituzionali generalmente usati a fini pubblici e politici: l’agenzia ANSA, nel caso di Veronica Lario che definisce il marito “un uomo che frequenta minorenni perche’ malato” e le sue dubbia candidature femminili alle elezioni “spazzatura politica”, e il salotto televisivo di Bruno Vespa, nel caso della successiva replica di Berlusconi.
Per questo motivo Mauro, insieme a D’Avanzo, ha deciso di ricostruire la versione data dal premier in diverse occasioni per poi metterla al confronto con i racconti delle altre parti coinvolte e ne ricavano un quadro contraddittorio, quando non apertamente menzognero. Ma a loro non bastava dimostrare che il premier mentiva: volevano la verita’. Prendono cosi’ contatti con Gianni Letta, chiedendogli di organizzare un’intervista con Berlusconi e ponendo un termine di quattro giorni. Il termine scade nel silenzio piu’ assoluto. Di conseguenza Repubblica pubblica le risposte, o sarebbe meglio dire i monconi di risposte, che ha raccolto nei giorni precedenti, le quali purtroppo cadono come lettera morta nel deserto dell’informazione asservita al potere e intimidita da esso.
La passione con cui Mauro ha parlato fino a quel momento si trasforma in genuina rabbia quando ricorda le convulse vicende che hanno seguito lo scoppio dello scandalo Noemi: l’improvviso cambio di direzione al Giornale con Giordano uscente che si dichiara “non disposto a rovistare nei letti degli altri direttori di giornali”, il killeraggio mediatico di Dino Boffo operato impunemente da Vittorio Feltri e il suo altrettanto indegno ricatto a Fini dalle pagine della testata, i numerosi tentativi di coartazione operati dal premier che propone agli industriali inserzionisti di boicottare economicamente i giornali che parlano male di lui.
Mauro si accalora e il termine che usa di piu’ e’ “anomalia”, dando benissimo il senso di una stortura tutta italiana ed italiota. A chi gli domanda perche’ non abbiano continuato con le 10 domande e si siano limitati a pubblicare quei resoconti incerti e contradditori il direttore risponde in modo sorprendente: “quelle risposte imbarazzate, reticenti, rilasciate solo al suo miglior notaio Bruno Vespa parlano piu’ di molti discorsi. La rivelazione del limite e’ un fatto politicamente rilevante che andava notificato: l’uomo piu’ potente d’Italia non e’ in grado di andare oltre una risposta imbarazzata e incompleta e dire la vertia’ agli italiani.”
Il Teatro Pavone risuona di applausi calorosi e Agostini, col consueto tono malizioso, constata come il pubblico presente non sia certo uno specchio rappresentativo del paese e il numero ingente di persone avrebbe supposto risultati elettorali diversi negli ultimi tempi.
E’ quello che io, e non solo io probabilmente, stavo pensando dopo due giorni di confronti in cui tutti fanno emergere le stesse opinioni anti-berlusconiste. Finalmente qualcuno lo ha detto ad alta voce.
Valentina Selmi