GIORNALISMO FINANZIARIO: quando l’aggettivo supera il sostantivo.
“Economia e Finanza: Bad news= Good news” questo il titolo di apertura della tavola rotonda che vedeva schierati tre giornalisti economici: Mucchetti del Corriere della Sera, Betty Wongs e Adrian Michaels coordinati dalla moderatrice Alessandra Galloni.
E’ il rappresentante della stampa economica del nostro Paese che da inizio alle danze e da bravo giornalista economico non perde l’occasione per perdersi in una lunga elencazione di numeri e concetti astratti estranei alla maggior parte degli auditori. L’accenno alla crisi finanziaria è d’obbligo, come ormai avviene in tutti i dibattiti economici dopo il settembre 2008. La domanda diretta della moderatrice, impone subito ai tre giornalisti di spiegare quanto l’informazione abbia taciuto sui segnali spia che la crisi già lanciava da tempo.
Le risposte sono contrastanti, si passa da un Mucchetti convinto di una capillare mancanza di competenza dei giornalisti che operano in questo settore e la cui maggioranza non è nemmeno in grado di leggere un bilancio; fino ad un Michaels che riconosce una posizione scomoda al giornalista finanziario sempre teso a mantenere un equilibrio tra il suo editore e le forze di governo interessate a non creare una bolla nell’intelletto sociale che demotivi la “working class”, infine interviene anche Betty Wong affermando che il giornalismo finanziario si presenta come una isola distaccata dal mondo che è la terra ferma e si limita ad osservare da lontano.
E’ forse Betty Wong la più esemplificativa del caos in cui verge il giornalismo economico, un giornalismo che si stacca dall’essenza del fare informazione stesso, che non mira allo studio di fenomeni, ma fornisce una elencazione numerica distaccata, lontana dalla realtà.
Dire che il giornalismo finanziario avrebbe potuto in qualche modo prevedere la crisi finanziaria è forse un caricare eccessivamente il ruolo che questo avrebbe potuto avere. Il punto va a mio avviso focalizzato nell’idea che il giornalismo finanziario non ha fornito e non li fornisce tuttora dei dati fruibili. La Finanza è forse l’aspetto più complicato dell’Economia, ma è anche il suo sangue che raggiunge capillarmente ogni aspetto monetario e quindi politico e governativo.
A mio avviso l’eccessivo interesse alla Finanza negli ultimi due anni sta rallentando la ripresa dalla crisi. Se continuiamo ad interessarci esclusivamente di andamenti di borsa e di quotazioni di mercato finiremo in un sistema in cui le scelte sono fatte “a tavolino”, ragionate su un pezzo di carta, elaborate sullo studio statistico di numeri come risultato di una grande equazione che rischia di non essere valutata per ciò che è. Per rimanere in termini attuali, accennando soltanto al caso Fiat, abbiamo un esempio di intromissione negativa della finanza: il bilancio è chiaramente negativo, gli andamenti di borsa pure; si chiude. Ma cosa c’è dietro quell’andamento? I costi sociali hanno una rilevanza nella risoluzione di questa equazione i cui addendi sono uomini? Caso analogo se vogliamo citare il mercato bancario accade in America con il trasferimento di tutti i capitali appartenenti alle ex “investment bank” nelle “commercial bank” un tempo destinate ai piccoli risparmiatori e che oggi sono in grado di dare garanzie a quest’ultimi ben più limitate essendosi di fatto trasformate in banche di investimento rishioso mantenendo lo statuto precedente che tutela i grandi risparmiatori, ormai speculatori.
Eccolo il quadro in cui ci ha gettato la crisi, un quadro in cui il problema enorme è quello della fiducia, che nessuno ha più verso le istituzioni bancarie, ma anche nelle imprese. Il giornalismo finanziario è il primo che dovrebbe porsi l’obiettivo di generare fiducia: lasciando le analisi agli analisti, creando spunti di riflessione come il recente articolo del Financial Time profetizzante le sorti future del capitalismo e rimettendo le singole vicende al centro dei propri articoli.
Il giornalismo finanziario additato di non aver avvertito i risparmiatori, le famiglie, della crisi, accusato di aver preso un “buco” nella capacità di dare informazioni deve ripartire da qui il suo lavoro, senza limitarsi ai tecnicismi o cercare competenze particolari e doti di calcolo finanziario eccellenti, ma ponendosi l’obiettivo di informare in una maniera semplice e accessibile, senza limitarsi ad infarcirci di numeri e quotazioni e per poi lasciarci cuocere nel calderone del crollo dei mercati.
L’aggettivo: finanziario ha superato il sostantivo… sarà ora di tornare a fare giornalismo!
Elena Cruciani