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Meredith Kercher, la vittima sconosciuta. Analisi di un caso giudiziario.

L’omicidio di Meredith Kercher, la studentessa inglese che viveva a Perugia per motivi di studio, assassinata nel 2007, non smette di far parlare.

E proprio in occasione del festival del Giornalismo di Perugia, le vicende di quella strana notte a cavallo tra Ognissanti e Halloween sono tornate alla ribalta in un incontro dal titolo: “Il caso media nella vicende Meredith Kercher“.
Massimo Mapelli, giornalista di La7, ha moderato con garbo le opinioni di Andrea Vogt, di Seattlepi.com e Barbie Nadeau, di Newsweek, che hanno seguito il caso sin dalle prime ore.

Il problema di fondo è capire come i media hanno influenzato l’opinione pubblica su un caso che vede indagati, oltre a Rudy Guede, già condannato con rito abbreviato, anche Amanda Knox, studentessa americana in Erasmus, e Raffaele Sollecito.

E proprio di Amanda ancora si parla. Amanda che i media hanno soprannominato Foxie Knoxie. Amanda che è bella e provocante. Amanda che si proclama innocente contro ogni prova evidente. I primi minuti dell’incontro sono dedicati a un documentario, girato proprio nei luoghi di Amanda, a Seattle. Parla chi l’ha incontrata, chi ha lavorato con lei. Parla Charles Mudede, direttore del giornale The Strangerr a Seattle. Il giornalista gli fa la tipica domanda sulla personalità della Knox, gli chiede se possa avere un lato oscuro. “Non più degli altri giovani”, dice Mudede “Immagino che le piacesse divertirsi, magari fumare qualche spinello ogni tanto. Come tutti”. A Seattle nessuno vuole ammettere quello che può essere successo in quella che, i media, ancora una volta i media, hanno chiamato la casa degli orrori.

E’ Mapelli ad ammettere che i giornali hanno sovraesposto il personaggio Knox, anche a causa della portata internazionale della vicenda.

Andrea Vogt ammette con sicurezza: ” La notizia è diventata importante perché la Stampa estera ha puntato i riflettori su questa storia. In più“, continua  la Vogt, “l’immagine di due ragazze belle e fotogeniche , ha contribuito a turbare l’opinione pubblica più del dovuto”.

Sembra più un processo alle colpe dei giornalisti che hanno seguito – e continuano a seguire – tutta la vicenda, che un’analisi dell’omicidio in sè. I giornalisti puntano il dito sui blogger che hanno alimentato il mito della false notizie e della stessa Knox.

Il processo è stato mediatico, giocato soprattutto sul web. Non credo però che certe fonti possano essere valide“, dice la Nadeau,  “ è importante verificare le fonti, parlare con le persone, leggere gli atti del processo“. E nell’epoca del web 2.0, la verificazione non è certo la cosa fondamentale. La notizia deve essere in rete subito, perché il ricambio uccide le news in pochissimo tempo, un tempo impercettibile.

Ed è anche un problema di traduzione, dicono a gran voce le due giornaliste. Il processo è bilingue e questo, pare, ha causato equivoci non indifferenti sulla stampa.

Ma la soluzione non si trova. L’incontro verte, per buona parte, sia negli interventi dei relatori che in quelli del pubblico presente, sulla figura conturbante di Amanda. La vittima viene ricordata solo negli ultimi minuti, come un ricordo, come un soffio, uno di quei momenti che passano subito senza lasciare traccia. Perché Meredith è morta, e di certo, adesso, questa non è la cosa più importante.

Giovanna Gallo

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