L’ INCONTINENZA SESSUALE E LE QUOTE ROSA: I LUNGHI TENTACOLI DELLA CHIUSURA
Altro che tè e pasticcini. A sedersi sul salotto del Teatro Pavone sono Concita de Gregorio,direttore de L’Unità, Emilio Carelli , direttore Sky tg 24 (mediatore), Joumana Haddad di An-Nahar e Alessandra Aracchi del Corriere della Sera. Donne, media e potere, una chiacchierata sulla condizione della donna nella realtà dei media, della politica, in particolare nel nostro paese. A iniziare è Emilio Carelli che parla di tempi lunghi, di inaccessibilità alle posizioni chiave: “Il tempo aiuterà, ma quello che interessa è oggi”. Ricordando che bisogna puntare sulla persona, sul singolo non con le classiche e predefinite identità gay, trans, etero, donna, uomo. Concita de Gregorio introduce il pericolo delle “quote rosa”, introdotto da Joumana Haddad, quello di tutelare la donna come se fosse incapace di svolgere compiti, ruoli e mansioni. Di chi è la colpa? Della cultura impercettibile, quella introdotta da bambini, quella che fa si che le tredicenni possano avere un book come basilare chiave per il futuro. Il culto del corpo, del mito dell’eterna giovinezza, inseguito da chi ha meno possibilità e posizioni svantaggiate e vulnerabili. Un aspetto diverso rispetto a quello avanzato da Joumana, caporedattore della sezione culturale del giornale libanese An-Nahar. A Beirut il corpo si copre, perché fonte di tentazioni e peccato. Per le ragazze più emancipate un simbolo della loro modernità è la minigonna, ma di fatto non c’è vera presa di coscienza, quella in cui un abito non fa la differenza ma le prese di posizione, la testa. Da lì si evolve il dibattito sul versante italiano e su quella che ironicamente De Gregorio definisce come la sdoganazione dell’incontinenza sessuale. Ovvero l’incapacità dell’uomo a starsene fermo senza dover coprire o scoprire lei e di trattare il corpo della donna, senza considerare tutto il resto. Più ottimista pare Alessandra Aracchi che parla di tempi lunghi ma anche di retrogressione culturale presente sia nell’uomo che nella donna. Quello che è emerso dall’incontro è l’enorme complessità del problema non risolvibile solo uomo vs. donna, od occidente vs. oriente. Tutt’altro, la condizione del corpo femminile, è visualizzata e introdotta dal colore rosa per le femminucce fino ad arrivare alla madre orgogliosa per la chiamata della figlia dal bagno del Premier, alla questione Ru 486. È la condizione “torna a casa ti aspetta il biscione”, del tubo catodico come sfogo e come interfaccia mondo, e il grande gioco della scatola quadra, dove se nasci e cresci difficilmente arriverai a vederla rotonda. Mancanza di autenticità del corpo, dell’orgoglio di invecchiare, della costrizione ad esser belli e definiti nei gesti quotidiani. Bisognerebbe iniziare a ragionare alla Anna Magnani, come suggerisce una sua frase citata sul palco stasera: “Non mi truccate, perché ci ho messo tutta la vita ad avere questa faccia”.
STEFANIA CARBONI