Cento pennellate. Incontro con Gaetano Porcasi
Ho incontrato questo piccolo grande uomo per caso, appena arrivata, nella sala stampa. Un breve scambio di battute, ha iniziato a parlarmi delle sue opere e della sua mostra a Rocca Paolina nella sala Cerp. Volti, colori e memoria, un viaggio nella mafia di ieri e di oggi, quella che segna ancora un paese, la mafia in tante piccole e grandi stragi che non si devono dimenticare. Gaetano Porcasi ha il pennello in mano al posto della penna e denuncia lo stesso, con colori e volti nelle sue tele. L’esposizione nasce attraverso un indagine sulle pagine di cronaca buia che vanno dallo sbarco degli Alleati fino alla cattura dei grandi boss di oggi. Con libri, ma anche attraverso i grandi titoli dei giornali. Come dice lui, il quotidiano lo si legge in una giornata, poi lo si mette da parte, la tela resta lì dipinta, per non dimenticare. Pennello per pennello ecco tra i suoi quadri, le prime pagine dei quotidiani sulla Strage di Capaci, su Aldo Moro e Peppino Impastato. A metà maggio nascerà, con le sue opere, il primo museo italiano sulla Storia della Mafia. Un evento significativo, non solo per il grande passo, ma anche per la location significativa: Corleone, nella casa confiscata a Bernardo Provenzano. Fino a dieci anni fa impensabile fare un museo a casa di un superboss. Il termometro delle sue opere, lo vede negli occhi dei ragazzi, nel loro sommergerlo di mail e nella loro richiesta di esporre. Quando ha iniziato a dipingere Gaetano, ha avuto le prime intimidazioni, date inizialmente come “consigli” fino a vere e proprie incursioni durante le presentazioni, con alcune minacce di saccheggio delle opere esposte. Nino Iannazzo, sindaco di Corleone, ha deciso di dargli la cittadinanza onoraria. Tante personalità lo hanno incontrato e gli danno continuamente sostegno come Salvo Vitale, e Tele Iato. Gaetano Porcasi rimarca l’importanza della comunicazione nell’arte, una sottile differenza rispetto alla concezione tipica dell’arte mafiosa, ovvero quella del bel quadro decorativo da esporre nel proprio salotto. I colori, gli oggetti delle tele, riproducono l’anima, gli ambienti della sua Sicilia. Col libro tra le mani Gaetano mi mostra tela per tela spiegandomene i significati. Per esempio i numeri civici, oltre che a rappresentare i simboli di una casa nel suo pennello indicano l’anno della strage. Come il 1995 l’anno di Giuseppe Di Matteo, il bimbo sciolto nell’acido. La sua figura è dipinta così, come lo tenevano rinchiuso (con mani e piedi legati) attorniata dai nomi di tante altre piccole vittime della mafia. Una passione, un passo e anche una soddisfazione in più. Col sorriso mi racconta che, durante l’inaugurazione, il Presidente della Provincia di Perugia è intenzionato a fare un gemellaggio con la provincia palermitana. Chiudendo il libro, tra i colori, e quei volti, ho conosciuto una persona, e non è sola, che ogni giorno, a modo suo, narra e ricorda. A dispetto di chi minimizza o scorda i momenti bui, vicini ai nostri tempi. Cento passi come cento pennellate.
Stefania Carboni