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Siani, 10 colpi di pistola

Dieci colpi di pistola e Giancarlo Siani cade per terra con un biglietto di un concerto rock in tasca, 26 anni, un uomo, un giornalista, un “ABUSIVO”, come si definiva. E noi, ragazzi, che dovremmo rappresentare il futuro del giornalismo, siamo fermi, immobili, a guardare, a pensare se riusciremmo  mai a trovare il coraggio di dire No alla mafia, no alla criminalità organizzata. Ventisei anni e un sogno d’avanti, un sogno distrutto da un tumore che se non si affronta con la giusta cura non si sconfiggerà mai. Giancarlo Siani  era solamente un giornalista abusivo che aveva deciso di raccontare le cose come stanno, di andare contro gli interessi della Camorra, di fare il giornalista, un mestiere bello. Tante volte lo vediamo sulla  bocca di ingenui vagabondi: “Io sono un giornalista”. Ma cosa significa? Scrivere liberamente o chiudere gli occhi? Diventare famoso, e continuare a scrivere, parole, frasi , emozioni, pensieri. Oscar Wilde diceva: “Sogna come se dovessi vivere per sempre; vivi come se dovessi morire oggi”. Il sogno di un giornalista è raccontare, descrivere. Come per un dottore, guarire i malati. Giancarlo Siani  un abusivo del  Mattino  ucciso da 10 colpi di pistola. Un giornalista che hanno voluto imbavagliare, “chiure a vocc”  per usare un termine napoletano, mettere da parte, come hanno fatto con Peppino Impastato, Placido Rizzotto in Sicilia. Il film Fortapase, deve fare resuscitare Siani, per non farlo dimenticare. Non era un eroe, era un semplice giornalista, che andava sul territorio a fare le interviste, raccontando la realtà. Grazie a Siani ci sono state 8 condanne ad ergastolo ed ora è stato dimenticato. Il modo di combattere la camorra lo hanno portato alla morte. I 1000 articoli scritti non l’anno salvato, e noi continuiamo a non parlare, ad auto censurarci a vicenda. Io non vedo, non sento, e non dico. In Calabria questa parola è molto familiare. Perché se vuoi vivere, devi fare così, altrimenti…..il buio, la notte. E intanto Giancarlo Siani muore, ma rinasce sotto le stelle, intorno a noi, nei momenti di paura e di sbigottimento. “E’ normale che esista la paura, in ogni uomo, L’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti” (Paolo Borsellino). Uno scrittore calabrese, di San Luca, di nome Corrado Alvaro, diceva: “La  disperazione più grave che possa impadronirsi d’una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile. Basta un atto, un gesto, una parola per ricordarti che sei un uomo”.

Ferdinando Piccolo

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