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Radio, la rivincita dell’eleganza

Qualche minuto di ritardo rispetto al previsto e una gradevole sorpresa: tra gli interlocutori è presente anche la giornalista Giovanna Zucconi, “che non è parente di Vittorio”, come subito ci si affretta a precisare. In un teatro Pavone con buona presenza di pubblico, uno degli incontri più surreali del Festival: Radio, la rivincita del buon giornalismo. Oltre a Giovanna Zucconi, presenti Giuseppe Cruciani (Radio 24), il “mostro sacro” Vittorio Zucconi (ma lui si è dimostrato molto…scaramantico sentendosi definire tale) e Jean Jaques Bourdin (Radio Monte Carlo).
Surreale dicevamo, e non è facile trovare un aggettivo differente per esprimere la sensazione di poter assegnare volto e movenze a chi, generalmente, rappresenta solo una voce, che pacata e ferma cattura la nostra attenzione. Più di ogni altro elemento, è questo il successo della radio. “C’è qualcuno che è venuto qui solo per vedere che faccia abbia Cruciani”, esordisce Marcello Foa (Radio Rai 2), moderatore dell’incontro.Ed è davvero questo a colpire il pubblico: la possibilità di svelare qualcosa che quotidianamente non è dato sapere. Alzi lo sguardo e lì, alla destra del palco, vedi Vittorio Zucconi: abito blu, camicia celeste e una barba bianca curata. Ne senti la voce, un’altra occhiata e lo vedi gesticolare e sottolineare con l’espressione del viso l’apprezzamento o il disappunto per le parole dei suoi colleghi. Ora è sotto gli occhi di tutti, ora non è radio. “Io sono cresciuto ascoltando di nascosto la radio sotto le coperte. Con lei esiste un rapporto intimo, personale”. Se la radio non è scomparsa con l’avvento delle televisioni, uno dei motivi è da ricercare proprio in questa possibilità.

In un periodo di grande allontanamento dai giornali, la radio gode invece di ottima salute: buoni ascolti, pubblicità non in fuga come altrove, un rapporto col pubblico sempre più saldo.Una chiacchierata spassosissima, durata circa un’ora e mezza, con un Vittorio Zucconi divertito che, tra battute e riflessioni pungenti (ripetuti gli attacchi rivolti alla Rai, rea di aver pietrificato il linguaggio giornalistico) ha monopolizzato l’attenzione, tanto da “rubare” il lavoro di moderatore a Foa:«Vittorio, posso parlare?», «Si, ma cerca di essere conciso!»
Tra una risata e l’altra, sono stati toccati punti fondamentali: ruolo degli ascoltatori, playlist spesso non decisa da chi fa il programma, pubblicità troppo ingombrante e vera padrona dell’informazione. Il tutto contrassegnato da leggerezza, umorismo e pacatezza: vera playlist di una radio di successo.

Francesco Casaburi
 

 

 

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