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Ma che ci stanno a fare i partiti?

Enrico Mentana al Festival di Perugia

Enrico Mentana al Festival di Perugia

Il confronto di ieri tra i due anchorman Enrico Mentana e Bruno Vespa è stata, oltre che un’occasione per riflettere sui cambiamenti del giornalismo politico italiano nell’ultimo ventennio, anche un momento di riflessione sulla contemporaneità politica italiana: quali sono i partiti sulla scena e, soprattutto, “che ci stanno a fare”?

In particolare Enrico Mentana ha concentrato la riflessione sui partiti e sul loro progressivo svuotamento: “In questa evidente situazione problematica – ha spiegato – è difficile raccontare la crisi dei valori e degli ideali, bisogna stare attenti a tutte le forze presenti in campo”. Il riferimento è ovviamente rivolto alla Lega e alla sua progressiva entrata ed esplosione nel mondo politico italiano a partire proprio da 20 anni fa, dall’altra crisi che coinvolse i partiti italiani con mani pulite, portando all’inesorabile fine della Prima Repubblica. “Se un fenomeno non lo vedi, credi che non ci sia – ha commentato Mentana riferendosi a diversi movimenti che si affiancano alla politica “ufficiale”, grillini in primis, e che non bisogna perdere di vista per saggiare il clima elettorale – Perché Grillo trova favori? È l’edizione 2.0 di Roma ladrona, è una partecipazione politica via web che crea un’onda di opinione pubblica. L’alternativa credibile allora qual è? Le elezioni vedranno un forte astensionismo”.

La crisi dei partiti “storici” è estesa sia al Pd che al Pdl: “ci troviamo in una situazione politica degradata – ha continuato Mentana – l’emergenza non è stata superata, può crollare tutto l’edificio politico. Il punto è che questi sono periodi maledettamente affascinanti da raccontare giornalisticamente”.

Le parole di Mentana hanno toccato poi anche i giovani, il vero problema secondo il direttore del tg La7: “sono tagliati fuori dal sistema da almeno 5 anni, è ostruita per loro la porta di ingresso nel mercato della società. Ci siamo già giocati una generazione e ora c’è il rischio di giocarsene un’altra, una generazione di laureati che non hanno un posto nella società, nel mercato della politica”.

Alessandra Chiappori

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