Auspicando la conquista di una libera informazione: il punto di vista di Ezio Mauro e Javier Moreno
Per avvalorare un’opinione, per conferirgli dignità argomentativa e scientifica, il bravo saggista, lo scrittore scrupoloso, il giornalista corretto propongono punti di vista alternativi ma convergenti con il proprio, “dimostrano” con la dialettica delle citazioni la legittimità delle loro idee. Come se i nomi di Ezio Mauro e Javier Moreno non fossero già di per sé garanti di autorevolezza intellettuale, vengono chiamati in causa Walter Lippmann ed Eugenio Scalfari per supportare la tesi di un’opinione pubblica in completo disfacimento. Angelo Agostini legge l’incipit del celebre saggio di Lippmann “L’opinione pubblica”, che riporta come esempio di ambivalenza tra il mondo reale (vissuto nel concreto) e il mondo esterno (che di fatto non possiamo vedere ma ci è raccontato) la convivenza pacifica di alcuni naufraghi tedeschi, francesi e inglesi rimasti su un’isola in mezzo all’Oceano mentre in Europa, dilaniata dalla Grande Guerra, i loro paesi si ritrovavano ad essere nemici. Lo scorso 17 agosto il fondatore di Repubblica ha firmato un’editoriale dal titolo emblematico, “L’opinione pubblica è rimasta senza voce”, in cui si tacciava la famigerata di frammentazione e dispersione, eredità queste di un berlusconismo che incentiva la proliferazione di più opinioni private ma disordinate, senza alcun filo conduttore, prive di un senso complessivo. Accogliendo lo spunto di Scalfari, il direttore di El Paìs intravede nella potenziale scomparsa dei giornali un ulteriore possibile aggravamento nella disintegrazione dell’opinione pubblica, mentre è ad essi che va ancora riconosciuto quell’essere “cattedrali nel deserto” mediatico e informativo, intendendo, con questa riflessione, la funzione di “veicolo” che l’informazione giornalistica deve incarnare. Che l’informazione sia più caotica possibile è l’obiettivo delle destre in Spagna, dove vige un impero di servizi comunicativi (radio, stampa, televisioni) collaterale alla destra politica.
Qualcosa di familiare?
Pacato e conciso, Moreno svela i giochi di sistema del suo paese. Uno degli ospiti più attesi del Festival non delude le aspettative. Ma sarà che la situazione di casa nostra è tremendamente desolante e tragicomica, soprattutto se si discute di informazione e controllo politico, fatto sta che l’orazione sanguigna e appassionata di Mauro ci conquista, strappando più di un applauso (inevitabile, però, il senso di frustrazione). Dal confermare l’insostituibilità dei giornali nel fare acquisire una conoscenza dei fatti consapevole, sì che il lettore se ne faccia padrone e interprete, il passo a inquadrare l’attuale condizione del nostro paese è davvero breve. L’impressione, spiega Mauro, è che la democrazia “di qualità” sia in gravi difficoltà, e che ci si trovi immersi in un “senso comune” spesso lontano dalla verità, che è invece imbellettata dai messaggi dei media. Il controllo fazioso delle forze politiche è ciò che spezza il filo democratico dell’informazione sana, problema che in Italia, sottolinea l’acuto osservatore spagnolo, si aggiunge alla debolezza strutturale di una sinistra incapace di imporre un’egemonia culturale e delle idee (tant’è che La Repubblica è stato da più parti definito un “giornale-partito”, proprio perché ha saputo incanalare, cosa che i partiti della sinistra non sanno più fare, il dibattito critico e il confronto di idee progressiste). Una sinistra lenta e spenta, sicuramente, ma posta dinanzi ad una delle più gravi anomalie attualmente esistenti nel mondo occidentale: il conflitto di interesse. In Europa, esclama Mauro, si ammette che un presidente del Consiglio, nonché leader della maggioranza, controlli le tre reti pubbliche (guidate da nomine “politiche”) e sia proprietario delle tre maggiori reti private. Il monopolio delle televisioni, si sa, orienta quel 73% del paese che segue soltanto in tv il dibattito politico. La manipolazione e la partiticità delle informazioni è palese. E se l’opinione pubblica nel nostro paese è fortemente influenzata dal messaggio etico della religione cattolica, ciò è dovuto all’assenza di un partito, che sia di destra o sinistra, nel quale ancora si possano riconoscere come caratteristici alcuni elementi; la religione, al contrario, continua ad essere depositaria unilateralmente di determinati valori e contenuti. Una “destra pagana” (perché fondata sul culto del capo) e “paganizzatrice” (perché si fa portavoce di un’etica del successo e del guadagno) fa propri i dettami della Chiesa perché non ne possiede di propri, e finisce così per essere ciò che di più lontano esiste dalla moderna cultura europea conservatrice. Per questo è essenziale preservare la costanza di informarsi e interrogarsi: se le fonti di notizie sono aumentate a dismisura, tanto che la carta stampata può apparire obsoleta il giorno stesso, resta l’impegno di volere capire il fatto, apprendere opinioni disparate per vederlo da più angolazioni, scavare nei suoi antecedenti storici. Questo è ciò che il giornale ancora consente.
Valeria Mastroianni