Giovani giornalisti: se la porta è chiusa, si passa dalla finestra
Sono giovani ma non troppo, infatti hanno già fatto accumulato valide esperienze, ne hanno spremuto il succo e se le sono lasciate alle spalle, guardando avanti. Per essere avanti si sono guardati bene intorno per poi fare un salto nel passato, tornando in Italia.
E mentre nel Belpaese non ci si capisce più “coi tempi che corrono”, tra crisi finanziarie e culturali, loro si destreggiano tra new media e social network, contatti in tutto il mondo, caccia alle notizie e caccia agli editori.
Quando il mondo dell’informazione è finalmente costretto a mettere in discussione se stesso, mezzi e fini, e tutti si fanno i conti in tasca e di soldi non ce né per nessuno, chi non può far a meno di fare questo mestiere impegnativo, stressante, coinvolgente all’estremo che è raccontare che succede nel mondo e al mondo, si cerca sgomitando uno spazio, ficcandosi in ogni porta che si apre.
Il loro obbiettivo, dichiarano, è creare uno spazio di documentazione aperto a tutti, a tutti coloro che hanno qualcosa da dichiarare, a patto che sia nuovo, interessante e confezionato “come Dio comanda”.
Cercano di rompere le barriere dell’intermediazione per dare a tutti l’accesso alla co-produzione di un palinsesto on-line. Sono anche disposti ad aiutarti, condividere esperienze, tramandare competenze, appoggiarsi, spingersi, referenziarsi, raccomandarsi.
Se miri al video giornalismo puoi provare con Current: esistono da prima di U-TUBE, puoi vederli su Sky, ti mettono a disposizione tutorial guides on line per metterti in condizione di raccontare in prima persona con la tua voce le storie che incontri sulla tua strada. Ti pagano pure, 500 o mille euro, per un video di circa cinque minuti, professionale, di testimonianze dirette, fresche e coinvolgenti, senza censura.
Se scrivi ma non ti pubblicano perché non sei nessuno puoi provare a affiliarti a Stefano Valentino e credere nel suo progetto Freereporter.info, che mira a consorziare free-lance di ogni dove e trasformarli da precari a imprenditori di se stessi, ottimizzando contatti e collegamenti, concentrandoli in una super vetrina web. Si mira a risparmiare almeno quella parte del tempo che si spende in tentare di vendersi, proponendosi sin dall’inizio al miglior acquirente: si lancia l’idea che, se ritenuta valida dallo staff composto di giornalisti già accreditati presso testate, viene girata a vari capiredattori. A questo punto si attende che una o auspicabilmente più richieste finanzino il progetto. Curioso è da dove nasce l’idea: Stati Uniti, naturalmente. Spot.us: un elenco di argomenti mensili che propongono agli user temi di ricerca da finanziare. Raggiunti i mille euro il tema esce dalla lista e si inizia a lavorare. Questa metodologia dive Valentino può essere proposta su Facebook alle associazioni per categorie tematiche di interesse comune, ad esempio un’indagine ambientale su un problema locale, e ottenere successo. Ma il fine ultimo di Freereporter è comparire su più testate con lo stesso articolo e ottenere un peso comparabile a un’agenzia, nonché risonanza e peso crescente.
Dalla precarietà all’imprenditorialismo, sostiene. Funzionerà?
Tutti concordi: in tutto il mondo sta cambiando il modo di fare e di fruire dell’informazione, questo è evidente e risuona in ogni incontro di questo Festival. Quel che resta è la necessità di una solida preparazione culturale e tecnica, talento, passione, curiosità, elasticità mentale, stile, un po’ di soldi per tirare avanti i primi anni, tenacia, orizzonti aperti, pluralismo linguistico.
La frase che ci ha fatto ridere tutti è stata: entrare nel mondo del giornalismo è come tentare di salire su una giostra, gira gira e non si riesce a capire da dove si sale! Ridevamo perché ci eravamo tutti perfettamente riconosciuti in quell’immagine: è come un terremoto e non si sa dove trovar riparo, nulla ci può orientare e darci garanzie di sicurezza, non rimane che lanciarsi e vedere come andrà a finire!
Sara Spiazzi