Esiste ancora l’opinione pubblica?
E’ Walter Lippman, per bocca del Prof. Angelo Agostini, ad aprire l’incontro di giovedì pomeriggio al Teatro Pavone sul ruolo dell’opinione pubblica. A discuterne sul palco, insieme al già citato direttore di “ Problemi dell’Informazione” due direttori dei più grandi giornali europei: Ezio Mauro per Repubblica e Javier Moreno per El Paìs. Esiste oggi, ancora, un’opinione pubblica? È il grande quesito della serata. La velocità, la molteplicità delle fonti, il flusso continuo con cui le notizie arrivano, si intrecciano e si rincorrono, lasciano il tempo per la sedimentazione, per la formazione di un’opinione pubblica cosciente, coerente, attenta?
Spiega Moreno che sì, oggi l’opinione pubblica, senza dubbio esiste. Ed i giornali sono e saranno ancora a lungo il luogo, la “cattedrale”, per eccellenza, del suo divenire. È sicuramente frammentata, in crisi, come l’economia. Si presenta sotto svariate forme da paese a paese, sicuramente Italia e Spagna stanno vivendo momenti difficili per quanto riguarda la formazione delle coscienze, anche se ciascuna a suo modo. Ci sono molte analogie pur nelle tante differenze tra i due paesi mediterranei. Ezio Mauro concorda ma ci tiene a sottolineare che “una cosa è la democrazia, una cosa ben diversa è la democrazia di qualità”. Il cittadino informato contribuisce a realizzare la democrazia di qualità perché è consapevole e responsabile, in prima persona, di quello che succede. Continua il direttore di Repubblica che oggi l’informazione la si può prendere ovunque, radio, computer, blog, ma se si vuole arrivare a “un’intelligenza degli avvenimenti”, il giornale conferisce quella necessaria informazione organizzata che è alla base di un’opinione pubblica cosciente. Il quotidiano è “tutto un altro strumento”. Leggere un quotidiano non è un semplice conoscere la notizia, ma guardarla dentro, illuminarla, scomporla, sentire la parola dei protagonisti.
La discussione si sposta ben presto verso la riflessione proposta dal fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, comparsa lo scorso agosto sul quotidiano, circa la sconfitta dell’opinione pubblica, rimasta senza voce, prodotta dal “berlusconismo” .
Ed è subito dibattito sull’incapacità della sinistra italiana di proporsi come alternativa valida. È opinione comune sul palco che la debolezza strutturale in Italia abbia impedito a quel “pensamiento di izquierda” di avere la meglio, come invece è avvenuto in Spagna: le forze politiche riunite sotto l’ala socialista di Zapatero hanno saputo gettare solide basi e ricomporre un’opinione pubblica confusa e frammentata proponendo una valida azione di governo sorretta da un certo e pragmatico ideale politico. Anche il direttore di Repubblica riconosce che è in atto una “secessione silenziosa”, gli elettori di sinistra tendono ad abbandonare il campo, a lasciarsi andare e a scivolare nel qualunquismo di un’informazione tanto superficiale quanto marginale. Questo processo è stato sicuramente agevolato dall’annoso e irrisolto problema del conflitto di interessi che vede la situazione italiana come unica nel panorama occidentale – il leader della maggioranza politica, Presidente del Consiglio, proprietario di giornali e settimanali, delle tre principali reti televisive private il quale, come d’altra parte tutte le forze politiche che lo hanno preceduto, pretende di “governare” anche le reti pubbliche. “E’ un’indecenza”, uno scandalo che dovrebbe sollevare tutte le coscienze asserisce Mauro, e tra il pubblico esplode, spontaneo, un fragoroso applauso.
È il momento delle domande, il pubblico, per quanto molto giovane, è attento a un’aperta e cosciente formazione personale, vuole e reclama un’informazione capace di creare senso critico, senza manipolazioni regolate in vista di elezioni elettorali. Si può dunque tracciare una linea di demarcazione tra un’opinione pubblica consapevole e concreta, con solide basi, capace di affrontare scelte e motivarle, e un’indiscriminata e superficiale opinione di massa?
Secondo Moreno questa distinzione è tanto falsa quanto pericolosa, bisogna stare molto attenti quando qualcuno tenta di porsi come intermediario scavalcando i giornali, le forze politiche, i media in generale con i cittadini. È da scongiurare questo atteggiamento di matrice pre-fascista. È sempre bene che ci sia un controllo su questi fenomeni, che i cittadini siano lasciati liberi di far circolare le proprie idee, in relazione alla stampa e ai partiti. Gettare i semi, è l’ambizione di Repubblica, perché le idee camminino nel paese.
Lucina Paternesi Meloni