Il pomeriggio di giovedì: il giornalismo tra guerra e censura e l’indiscutibile valore dell’informazione stampata
Archiviato, si fa per dire, il secondo giorno de Festival. Nel pomeriggio si sono condensati alcuni tra gli interventi più avvincenti della giornata. Durante la conferenza che ha voluto indicare le vie alternative per diventare giornalisti, Tommaso Tessarolo, direttore di Current, ha parlato della libertà che è sottesa alla messa in onda di video e documentari girati dai telespettatori, e del delicatissimo lavoro redazionale necessario al riscontro scientifico delle informazioni inviate. Estremamente rischioso il lavoro di quei giornalisti che operano in paesi dove il controllo dell’informazione è rigido, così come quello dei reporter di guerra. Due contributi di respiro internazionale hanno messo in evidenza le difficoltà di questo mestiere: durante la conferenza Condannati a morte: il coraggio di informare, il giornalista colombiano Hollman Morris, direttore di Contravia, ha testimoniato l’ingiusto esilio e il controllo informativo che il presidente Uribe cerca di esercitare nel paese. Nelle stesse ore, in un’altra delle sale, siamo ancora in America Latina, ma accanto alla pericolosità della professione Cecilia Rinaldini pone l’accento su alcuni esempi positivi di trasmissione delle informazioni; è il caso delle radio che hanno consentito un afflusso di informazioni non solo nella lingua dei colonizzatori ma anche negli idiomi indigeni, favorendo la classe rurale e meno agiata tradizionalmente esclusa dai circuiti di comunicazione. Ritorna uno dei temi più frequenti di questo Festival nell’incontro Supermedia: l’unione fa la forza. Charlie Beckett, direttore di Polis London school of economics e Marco Pratellesi, direttore del Corriere.it sono alcuni dei protagonisti che tornano a parlare di facebook e nuovi media davanti ad una platea giovane e in linea con i contenuti degli interventi (moltissimi erano quelli che utilizzavano notebook per prendere appunti o scrivere in rete). Uno dei quesiti che i relatori si sono posti riguarda la modalità di fondere le due redazioni, quella della carta stampata e della versione on line del giornale, in un unico laboratorio produttivo, in tempi che necessitano sempre più di giornalisti versatili, aperti alle novità tecnologiche e al contempo forniti di una solida base di vecchia scuola giornalistica. Sul palco del Teatro Pavone, invece, Angelo Agostini propone all’organizzatrice Arianna Ciccone di pensare, per il prossimo Festival, ad un unico incontro al quale prendano parte i direttori delle testate on line insieme ai direttori della stampa. Sul proscenio, difatti, discutono due dei più importanti editorialisti e direttori della carta stampata, Ezio Mauro (La Repubblica) e Javier Moreno (El Paìs). L’opinione pubblica esiste ancora? In una democrazia di qualità, il cittadino deve assumere un’informazione consapevole. Il giornale resta l’unico strumento in grado di garantire introspezione, approfondimento, opinione, e di scatenare il processo di formazione delle idee. Solo così il lettore può destreggiarsi in un’opinione pubblica frammentaria e renderla matura e consapevole. Emerge quindi la convinzione che la carta stampata non possa perire. Questo è ancora argomento di discussione in Il futuro dei giornali di carta. Internet ha stravolto le regole, negli Stati Uniti i giornali cartacei chiudono i battenti, la crisi economica investe ogni settore, compresa l’editoria che non ha più finanziamenti necessari alla sua sopravvivenza. Nel tardo pomeriggio c’è posto per la presentazione del libro-inchiesta I cinesi non muoiono mai. I giornalisti Raffaele Oriani e Riccardo Staglianò indagano sulla comunità più numerosa d’Europa, screditando i luoghi comuni che la accompagnano e raccontando storie e testimonianze che raffigurano quello cinese come un popolo ottimista e fiducioso: un vero contraltare del nostro paese, stanco, sospettoso, senza prospettive. Chiude il ricco susseguirsi di eventi il resoconto di Ayman Mohyeldin, unico reporter di guerra ad aver narrato in tempo reale, tramite twitter, la terribile guerra nella striscia di Gaza, tra censura e necessità di raccontare la verità.
Pomeriggio denso e variegato, insomma, quello del secondo giorno del Festival. Il pubblico ha riempito gli incontri e rivolto interrogativi, espresso le proprie curiosità. La novità più entusiasmante e che viene confermata di giorno in giorno, è la netta prevalenza di un pubblico giovanissimo e vivace, con tante domande sul taccuino.
Valeria Mastroianni